Il GT può prendere d’ufficio i provvedimenti per l’ADS

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Ai sensi dell’ art. 407, quarto comma, c.c., il giudice tutelare può modificare o integrare in ogni tempo, anche d’ufficio, le decisioni assunte con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, e può quindi intervenire anche sull’individuazione dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, nonché di quelli che quest’ultimo può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore, dei quali l’art. 405, quinto comma, nn. 3 e 4, c.c. prescrive l’indicazione nel decreto di nomina.

Infatti, l’art. 407 c.c., comma 4, nel consentire al giudice tutelare di modificare o integrare, anche d’ufficio, le determinazioni assunte con il provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno, non subordina l’esercizio di tale potere alla sopravvenienza di nuove circostanze di fatto, idonee a modificare la situazione tenuta presente ai fini dell’adozione della misura di protezione, rendendo pertanto possibile l’emissione dei predetti provvedimenti anche sulla base di una rinnovata valutazione delle esigenze di tutela del beneficiario, come manifestatesi in sede di concreta applicazione della misura, nonchè alla luce di eventuali approfondimenti in ordine alle condizioni psico-fisiche dell’interessato ed alla sua situazione esistenziale e patrimoniale.

Avv. Alberto Vigani

per Associazione Amministratoridisostegno.com

***

Cassazione civile, sez. I, ordinanza 1 settembre 2022, n. 25855.

Orientamenti giurisprudenziali

Conformi:


Cass. sez. I, 21/05/2018, n. 12460


Cass. 01/03/2010, n. 4866


Cass. 12/06/2006, n. 13584


Cass. sez. I, 13/03/2020, n. 7241


Cass. 20/03/2013, n. 6861


Cass. 29/11/2006, n. 25366

Difformi:

Non si rinvengono precedenti in termini

 

 

Cass. civ., Sez. I, Ord., (data ud. 28/06/2022) 01/09/2022, n. 25855




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22467/2020 R.G. proposto da:

B.S., rappresentata e difesa dall’Avv. Paolo Ferri, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

Avv. C.M., in qualità di amministratore di sostegno di B.S., da sè medesima rappresentata e difesa, con domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione;

– controricorrente –

e PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Venezia depositato il 23 giugno 2020;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 giugno 2022 dal Consigliere Guido Mercolino.
Svolgimento del processo

1. Con decreto del 27 luglio 2019, il Giudice Tutelare del Tribunale di Venezia, su ricorso di Ba.Li., dispose l’apertura dell’amministrazione di sostegno nei confronti di B.S., figlia della ricorrente, nominando amministratore l’Avv. C.M. ed attribuendole il potere di assistere la beneficiaria nel compimento degli atti di straordinaria amministrazione di cui agli artt. 374 e 375 c.c., e di donazioni di valore eccedente Euro 250,00, con l’imposizione dell’obbligo di riferire, trascorsi sei mesi, in ordine alla necessità ed all’adeguatezza della misura ed alla sfera relazionale e di vita della beneficiaria.

2. Con successivo ricorso al Giudice Tutelare, la B. chiese la sostituzione dello amministratore di sostegno, assumendo che l’Avv. C. aveva agito autonomamente, ignorando le richieste da lei formulate, omettendo di attivarsi per la divisione dell’eredità di suo padre B.I., in contrasto con la volontà di essa ricorrente, consigliandole di riconciliarsi con sua madre, in contrasto con i suoi interessi, e manifestando un pregiudizio in ordine alla sua capacità di agire, in contrasto con quanto risultava dal decreto di nomina.

2.1. Con decreto del 14 aprile 2020, il Giudice Tutelare rigettò la domanda di sostituzione, confermando l’attribuzione del potere di sostituire la beneficiaria nel compimento degli atti di straordinaria amministrazione, disponendo che tutti i conti correnti, libretti e depositi titoli della beneficiaria fossero vincolati all’ordine del Giudice, salva la disponibilità della somma mensile di Euro 400,00, ed invitando l’amministratore ad attivarsi per il recupero della quota dei canoni di locazione dei beni ereditari, nonchè per la verifica della possibilità di un accordo tra la beneficiaria e la madre per la concessione della disponibilità di uno degl’immobili caduti in successione.

2. Il reclamo proposto dalla B. è stato rigettato dalla Corte d’appello di Venezia con decreto del 23 giugno 2020.

A fondamento della decisione, la Corte ha innanzitutto escluso la necessità di disporre sia una nuova c.t.u., ritenendo sufficiente quella espletata nel procedimento di nomina dell’amministratore, sia la rinnovazione dell’audizione della beneficiaria, non essendo state dedotte nuove circostanze. Rilevata inoltre la genericità della richiesta di emissione dei provvedimenti più utili alla B. e la novità di quella di cessazione della misura dell’amministrazione di sostegno, ha osservato che dalla relazione del c.t.u. emergeva un’insufficienza mentale lieve, caratterizzata da uno sviluppo incompleto delle funzioni cognitive, che non escludeva la capacità di provvedere adeguatamente alla cura personale, ma richiedeva un supporto nelle attività complesse della vita quotidiana, avendo la B. dimostrato di non essere in grado di amministrarsi e di provvedere adeguatamente ai propri interessi patrimoniali, in quanto incapace di intendere la portata e gli effetti giuridici degli atti compiuti e di esprimere un consenso integro e consapevole. Tanto premesso, e precisato che da altri provvedimenti risultavano l’esistenza di un’indagine penale per circonvenzione d’incapace, l’effettuazione di consistenti movimenti di denaro all’apparenza non giustificati, un sospetto incontro con un estraneo per la concessione di un finanziamento, l’acquisto di un’automobile lasciata in uso a terzi e l’estrema difficoltà dell’amministratore di avere contatti diretti con la beneficiaria, a causa dell’interposizione del legale di fiducia di quest’ultima, che ne contestava qualsiasi iniziativa, la Corte ha ritenuto che non sussistessero fatti concreti idonei a giustificare la sostituzione dell’Avv. C., non corrispondendo all’interesse della B. difendersi dalla stessa o impegnarsi in un contenzioso con la madre, ma solo trovare un accordo con quest’ultima. Ha reputato altresì giustificati l’ampliamento dei poteri dell’amministratore e la limitazione della somma di denaro disponibile dalla beneficiaria, osservando che l’Avv. C. aveva accertato l’avvenuta proposizione di richieste di finanziamento per Euro 57.000,00 nell’arco di poco più di un anno, e considerando sintomatico dell’incapacità della beneficiaria il tentativo di sostenere l’indispensabilità dell’automobile, a fronte dei relativi costi e del rischio di responsabilità civile in caso di sinistro. Ha infine escluso la nullità del decreto di primo grado, nella parte in cui aveva modificato i poteri dell’amministratore di sostegno, osservando che il Giudice Tutelare poteva provvedere anche d’ufficio, a fronte delle plurime istanze avanzate dalla beneficiaria.

3. Avverso il predetto decreto la B. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in otto motivi, illustrati anche con memoria. L’Avv. C. ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria. Il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Venezia non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

1. Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del documento depositato dall’amministratore di sostegno unitamente alla memoria di cui all’art. 380 bis.1 c.p.c., trattandosi di una perizia espletata nel procedimento penale per circonvenzione d’incapace richiamato nel decreto impugnato, la cui produzione non può ritenersi consentita in questa sede ai sensi dell’art. 372 c.p.c., attenendo la stessa al merito della controversia, e non già alla nullità del provvedimento impugnato o all’ammissibilità del ricorso o del controricorso, come prescritto dalla predetta disposizione.

2. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., censurando il decreto impugnato per apparenza, perplessità e manifesta illogicità della motivazione, nella parte in cui ha rigettato la domanda di sostituzione dello amministratore di sostegno. Afferma infatti che, a fronte di specifiche censure riflettenti l’inerzia dell’amministratore, il suo rifiuto d’informare essa ricorrente, di rapportarsi con lei nel compimento di atti di ordinaria amministrazione e di collaborare con il suo legale di fiducia e l’opportunità di procedere alla divisione dei beni ereditari, la Corte d’appello si è limitata ad osservazioni generiche ed inconferenti, evidenziando incomprensibili esigenze di cautela nella conservazione del patrimonio e di tutela da condizionamenti esterni, nonchè difficoltà di rapporti con essa beneficiaria, ed esprimendo un giudizio negativo in ordine all’operato del legale, irrilevante nei predetti rapporti.

3. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 410 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ribadendo che, nel rigettare il reclamo, il decreto impugnato non ha considerato che l’amministratore di sostegno ha omesso di rapportarsi con essa ricorrente e di collaborare con il suo legale, avendo ignorato la sua volontà di rivendicare la sua quota dell’eredità paterna e di accertare i movimenti effettuati da sua madre sui conti correnti comuni.

4. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 405 c.c., comma 5, n. 6, nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel richiamare la valutazione compiuta dall’amministratore di sostegno in ordine all’opportunità della divisione dei beni ereditari e della concessione di maggiori disponibilità economiche ad essa ricorrente, il decreto impugnato non ha considerato che l’amministratore ha ecceduto l’ambito dei poteri conferitigli, avendo compiuto atti di ordinaria amministrazione, senza informare la beneficiaria e senza rapportarsi con lei.

5. Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 408 e 410 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ribadendo che le valutazioni compiute dall’amministratore di sostegno si pongono in contrasto con gl’interessi e le richieste di essa beneficiaria, in considerazione della consistenza del patrimonio ereditario, da dividersi con la massima attenzione, delle anomale movimentazioni effettuate sui conti correnti comuni da sua madre, dell’appropriazione da parte di quest’ultima dei canoni di locazione dei beni ereditari e delle modeste condizioni in cui essa ricorrente è costretta a vivere.

6. Con il quinto motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 408 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nel rigettare la domanda di sostituzione dell’amministratore di sostegno, il decreto impugnato non ha tenuto conto delle indicazioni di essa beneficiaria e del venir meno del rapporto fiduciario con l’Avv. C., in conseguenza dell’insanabile contrasto determinatosi con la stessa.

7. I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto la comune problematica riguardante la sostituzione dell’amministratore, sono inammissibili.

Premesso che in sede di legittimità risulta intrinsecamente contraddittoria la denuncia, con un unico motivo, dei vizi di omessa pronuncia ed omessa motivazione, il primo dei quali implica la totale mancanza del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce nella violazione dell’art. 112 c.p.c., mentre il secondo presuppone che la questione sia stata esaminata dal giudice di merito, che l’abbia tuttavia risolta senza alcuna motivazione o con motivazione apparente, perplessa, illogica o gravemente contraddittoria, e va fatto valere ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 (cfr. Cass., Sez. V, 5/03/2021, n. 6150; Cass., Sez. II, 22/01/2018, n. 1539; Cass., Sez. VI, 4/12/2014, n. 25714), si osserva che nel caso in esame la configurabilità del primo vizio dev’essere esclusa in radice, in virtù dell’espresso rigetto della domanda di sostituzione dell’amministratore di sostegno, confermato dalla Corte d’appello in sede di reclamo.

Le ragioni di tale rigetto risultano a loro volta agevolmente desumibili dalla motivazione del decreto impugnato, dalla quale emerge con chiarezza l’insussistenza dei presupposti necessari per l’adozione del provvedimento invocato, avendo la Corte territoriale ritenuto che le difficoltà insorte nei rapporti con la beneficiaria della misura di sostegno non dipendessero dall’incapacità dell’amministratore di collaborare proficuamente alla cura degl’interessi della stessa, ma dalle iniziative autonomamente assunte dalla ricorrente sotto l’influenza di terzi estranei e dall’atteggiamento oppositivo del difensore della B., che avevano ostacolato l’instaurazione di un rapporto di fiducia tra quest’ultima e l’Avv. C.. Proprio alla luce delle predette interferenze, Il decreto impugnato ha ritenuto condivisibili le perplessità manifestate dallo amministratore in ordine alla volontà della beneficiaria di rivendicare la propria quota dell’eredità paterna e di promuovere la divisione del patrimonio ereditario, riconoscendo anche l’opportunità delle ulteriori limitazioni imposte dal Giudice Tutelare alla disponibilità di somme di denaro da parte della B.. Nel contestare tale apprezzamento, la ricorrente non è in grado d’indicare lacune argomentative o carenze logiche del ragionamento seguito per giungere alla decisione, nè circostanze di fatto emerse dal dibattito processuale ed indebitamente trascurate dalla Corte territoriale, ma si limita ad insistere sulle questioni sollevate nel precedente grado di giudizio, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso la denuncia dei vizi di violazione di legge e difetto di motivazione, una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte nel provvedimento impugnato, nei limiti in cui le relative anomalie motivazionali sono ancora deducibili con il ricorso per cassazione, per effetto della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (cfr. Cass., Sez. I, 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. II, 29/10/2018, n. 27415; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547).

Quanto poi alle dedotte violazioni di legge, la denuncia delle stesse costituisce una petizione di principio, risolvendosi nella mera insistenza sugli addebiti mossi all’amministratore, accompagnata dall’indicazione delle norme violate, ma non corredata da specifiche argomentazioni volte a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nel decreto impugnato, debbano ritenersi contrastanti con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina o dalla prevalente giurisprudenza, con la conseguenza che le censure devono ritenersi carenti di specificità (cfr. Cass., Sez. Un., 28/10/2020, n. 23745; Cass., Sez. V, 6/07/ 2021, n. 18998; Cass., Sez. lav., 21/08/2020, n. 17570).

8. Con il sesto motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 407 c.c., comma 5, e art. 411 c.c., u.c., e degli artt. 24 e 111 Cost., sostenendo che, nel confermare l’imposizione di nuove limitazioni alla sua capacità, il decreto impugnato non ha considerato che il Giudice Tutelare aveva provveduto d’ufficio, eccedendo l’ambito della domanda proposta da essa ricorrente, avente ad oggetto soltanto la sostituzione dell’amministratore, senza disporre neppure la sua convocazione e senza assicurarle l’assistenza di un difensore, in violazione del diritto di difesa.

8.1. Il motivo è infondato.

Ai sensi dell’art. 407 c.c., comma 4, il giudice tutelare può modificare o integrare in ogni tempo, anche d’ufficio, le decisioni assunte con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, e può quindi intervenire anche sull’individuazione dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, nonchè di quelli che quest’ultimo può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore, dei quali l’art. 405 c.c., comma 5, nn. 3 e 4, prescrive l’indicazione nel decreto di nomina: caratteristica dell’istituto in questione, che lo distingue dalle tradizionali misure di protezione degl’incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione, è infatti la sua duttilità, collegata proprio alla previsione di modalità applicative non definite in via astratta ed immutabile dalla legge, ma suscettibili di conformazione alle specifiche esigenze di tutela del beneficiario, da valutarsi caso per caso (cfr. Cass., Sez. I, 21/05/2018, n. 12460; 1/03/2010, n. 4866; 12/06/2006, n. 13584), non solo in relazione alle condizioni psico-fisiche dello stesso ed alle altre circostanze concrete accertate al momento dell’adozione della misura, ma anche in relazione alle modificazioni eventualmente sopravvenute nel corso della sua applicazione, il cui apprezzamento consente al giudice tutelare di attenuare o di aggravare, in qualsiasi momento ed anche di propria iniziativa, le limitazioni imposte alla sfera negoziale di del beneficiario, in modo tale da evitare il rischio che egli possa rimanere esposto alle conseguenze di attività negoziali a sè pregiudizievoli.

Il procedimento volto all’adozione dei predetti provvedimenti non richiede poi l’audizione personale del beneficiario, prevista dall’art. 407 c.c., comma 2, soltanto ai fini della nomina dell’amministratore, nè il ministero del difensore, necessario soltanto nel caso in cui il decreto che il giudice ritenga di emettere, sia o meno corrispondente alla richiesta dell’interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti dalle disposizioni di legge riguardanti l’interdetto o l’inabilitato, e non anche nelle ipotesi, corrispondenti al modello legale tipico, in cui il provvedimento si limiti ad individuare specificamente i singoli atti o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l’intervento dell’amministratore (cfr. Cass., Sez. I, 13/03/2020, n. 7241; 20/03/2013, n. 6861; 29/11/2006, n. 25366). Nella specie, d’altronde, sebbene non sia stata disposta l’audizione personale della ricorrente, quest’ultima ha avuto la più ampia possibilità di partecipare al procedimento, il quale è stato anzi avviato proprio a seguito dell’istanza di sostituzione dello amministratore di sostegno presentata dal suo difensore, successivamente integrata mediante il deposito di ulteriori deduzioni, attraverso le quali ha potuto far valere le proprie ragioni, anche di ordine tecnico-giuridico, con la conseguente insussistenza della lamentata lesione del contraddittorio e della violazione del diritto di difesa.

9. E’ parimenti infondato il settimo motivo, con cui la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., osservando che, nel confermare l’imposizione delle ulteriori limitazioni alla sua capacità, la Corte territoriale ha omesso di esaminare le censure da lei proposte al riguardo, essendosi limitata a richiamare le argomentazioni svolte dal Giudice Tutelare, senza considerare, in particolare, che i movimenti effettuati sui conti correnti e l’acquisto dell’autovettura non costituivano fatti nuovi, ma avevano già formato oggetto di valutazione ai fini della nomina dell’amministratore.

9.1. L’art. 407 c.c., comma 4, nel consentire al giudice tutelare di modificare o integrare, anche d’ufficio, le determinazioni assunte con il provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno, non subordina l’esercizio di tale potere alla sopravvenienza di nuove circostanze di fatto, idonee a modificare la situazione tenuta presente ai fini dell’adozione della misura di protezione, rendendo pertanto possibile l’emissione dei predetti provvedimenti anche sulla base di una rinnovata valutazione delle esigenze di tutela del beneficiario, come manifestatesi in sede di concreta applicazione della misura, nonchè alla luce di eventuali approfondimenti in ordine alle condizioni psico-fisiche dell’interessato ed alla sua situazione esistenziale e patrimoniale.

10. Con l’ottavo motivo, la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., rilevando che la Corte d’appello ha omesso di pronunciare in ordine in ordine alla censura di erroneità ed illogicità mossa al decreto di primo grado, nella parte in cui aveva escluso la partecipazione di terzi, ivi compreso il legale di sua fiducia, ai colloqui tra essa ricorrente e l’amministratore di sostegno.

10.1. Il motivo è infondato.

In quanto logicamente incompatibili con le considerazioni svolte a fondamento del rigetto della domanda di sostituzione dell’amministratore di sostegno, comprendenti, tra l’altro, anche un chiaro riferimento alle difficoltà incontrate dall’Avv. C. nell’interloquire con la B., a causa dell’interferenza spiegata dal legale di quest’ultima e delle continue contestazioni dallo stesso sollevate in ordine al suo operato, le censure proposte dalla ricorrente in ordine all’inopportunità, ritenuta dal Giudice di primo grado, della partecipazione di terzi agl’incontri con l’amministratore devono ritenersi implicitamente disattese dal decreto impugnato. Non ricorre pertanto, al riguardo, il vizio di omessa pronuncia, che in quanto attinente al momento decisorio è configurabile, in riferimento alle decisioni assunte in sede di gravame, esclusivamente quando manchi completamente l’esame di una censura mossa alla pronuncia di primo grado, e non anche quando, pur in assenza di una specifica argomentazione, la censura debba ritenersi implicitamente rigettata, ponendosi oggettivamente in contrasto con la costruzione logico-giuridica su cui si fonda il provvedimento impugnato (cfr. Cass., Sez. III, 6/11/2020, n. 24953; Cass., Sez. II, 25/06/2020, n. 12652; Cass., Sez. V, 14/01/2015, n. 452).

11. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.

rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali.

Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.
Conclusione

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2022

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