Ddl 1985 per la riforma dell’Amministratore di Sostegno

Ecco l’aggiornamento dell’Amministrazione di Sostegno

Ddl 1985

Ddl 1985

 

Arriva la riforma per attualizzare l’amministrazione di sostegno a favore delle persone indebolite.

Ecco di seguito il testo del ddl 1985.

Alberto Vigani



XVII LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa dei deputatiCAMPANA, CUPERLO, ARGENTIN, BOSSA, CAPONE, CARRA, CRIVELLARI, GIACOBBE, PETITTI, RAMPI, VALERIA VALENTE

Modifiche al codice civile e alle disposizioni per la sua attuazione, concernenti il rafforzamento dell’amministrazione di sostegno e la soppressione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione

Presentata il 23 gennaio 2014

Onorevoli Colleghi!

1. Premessa.

1.1. Le finalità della proposta di legge.

A quasi un decennio dall’entrata in vigore della legge n. 6 del 2004, sembrano maturi i tempi per la messa in cantiere del progetto soppressivo dell’interdizione e dell’inabilitazione, da anni invocato e annunciato a vari livelli: non sussiste alcuna seria ragione che giustifichi, in effetti, l’ulteriore conservazione nel codice civile dei due vecchi modelli «incapacitanti».
Alla scelta abolizionista si associa d’altronde, nella presente proposta di legge, un sistema di ulteriore definizione del «diritto dei soggetti deboli», di cui l’avvento dell’amministrazione di sostegno ha rappresentato, pochi anni fa, un primo fondamentale suggello.

Proprio con l’introduzione di siffatto strumento, a ben vedere, il diritto delle fasce meno fortunate (realtà in nuce nell’ordinamento da qualche decennio) ha ricevuto una prima sistemazione d’insieme; il che non poteva certamente affermarsi riguardo ai precedenti interventi del nostro legislatore, spesso di carattere settoriale e frastagliato.
Basta pensare alla riforma (e ai vari provvedimenti regionali) sull’handicap, alla riformulazione del collocamento obbligatorio, alla disciplina sulla tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, a quella sull’adozione, ai provvedimenti in favore dei non vedenti, alle normative attinenti ad altri tipi di disabilità; e si potrebbero ricordare, ancora, leggi come la n. 180 del 1978, la n. 194 del 1978, la n. 104 del 1992, la n. 328 del 2000: interventi spesso disomogenei l’uno dall’altro, inerenti a settori di notevole rilievo politico e sociale, comunque lontani fra loro sotto più punti di vista, tanto che riesce arduo immaginare, in proposito, un trait d’union soddisfacente.

In regime di crescente diffusione dell’amministrazione di sostegno, qual è quello attuale, è sempre più chiaro come residuino, nel continente della debolezza, spazi disciplinari non coperti, alla cui ricomposizione occorrerebbe porre mano, in vista di una più attenta salvaguardia da fornire agli interessati, anche sotto il profilo privatistico.
Si potrebbe parlare, è stato detto, di un diritto parzialmente diverso per la categoria dei «diversi» (un tempo si parlava di «devianti»), volto a rendere ciascuno di essi meno disuguale rispetto agli altri consociati, nella gestione dei momenti individuali e collettivi che l’esistenza comporta.

Perciò non sarebbero immaginabili, formalmente, destinazioni o logistiche differenti dal codice civile: un corpo di regole concepito in relazione agli interessi di tipo economico, che sempre più è venuto assumendo, nel corso del tempo, le vesti di presidio/santuario per i diritti della persona, e che non potrebbe sottrarsi all’imperativo di divenire, ai giorni nostri, la cittadella delle più importanti indicazioni giuridiche circa l’umana fragilità.
Il passo ulteriore, nonché l’aspirazione finale per il «debolologo» (per lo studioso alieno dagli approcci nominalistici, attento alle cronache più minute della sofferenza), dovrebbe essere la fondazione di un vero e proprio bill of rights dei disabili. Si è parlato anzi, a tale proposito, di un libro «settimo» del codice civile, atto a raccordare unitariamente tutte le disposizioni che sono riportabili alle creature in esame, con l’approntamento di congrue soluzioni in merito ai più importanti passaggi che costellano l’esistenza, sotto il profilo del diritto privato.
I problemi relativi, ad esempio, alle modalità di conclusione del contratto, oppure alla responsabilità contrattuale e precontrattuale, alla buona fede, alla correttezza, alla colpa, all’abusività, agli oneri di informazione, alla vessatorietà; o ancora i nodi inerenti al significato di errore, di dolo, di prevedibilità, di stato di bisogno, di sorpresa, di impossibilità sopravvenuta, e via dicendo.

È tempo di mettere in rete le varie indicazioni che il diritto italiano ha visto sbocciare, quasi sempre in via separata, rispetto ai diversi comparti della debolezza (opportunità rimediali, parole d’ordine, valori, modalità difensive, legittimazioni, strumenti trasversali eccetera), in particolare per quanto concerne minori, infermi di mente, handicappati, anziani, oppure consumatori, immigrati, lavoratori subordinati, vittime di dipendenze, diversi, detenuti e così via.
Nell’ottica della presente proposta di legge, le ipotesi di rinnovamento statutario sono affidate a una serie di disposizioni che si collocano lungo i singoli libri del codice civile e che attengono ai vari settori non toccati esplicitamente dalla riforma del 2004: matrimonio e istituti connessi alla filiazione, capacità d’agire del minore, regime di annullabilità dei contratti, negozi mortis causa, donazione, titoli di credito, fatti illeciti.

1.2. La categoria dei cosiddetti deboli non comprende solo i «matti». Quanto sopra rimanda, allora, ad una delle questioni di fondo per l’interprete, ossia alla ricerca di una nozione (se si vuole, alla messa a punto di standard antropologico-funzionali) in grado di orientare nella individuazione specifica dei «soggetti deboli».
È palese la necessità di aver ben chiaro, in effetti, a quali specifiche creature si intenda fare riferimento con la proposta in esame.
Un punto va, allora, sottolineato. A venir prese in considerazione non saranno qui, esclusivamente, le persone intrinsecamente fragili e svantaggiate, magari i «diversi» e gli infelici di sapore lombrosiano: gli individui versanti in condizione di disagio per effetto di patologie cliniche, vere e proprie, oppure a causa dei problemi di natura fisica o psichica che li affliggono.

Occorre fare riferimento, più ampiamente, alle «persone indebolite», ovvero agli esseri che figurino poveri di cittadinanza, precari, segregati o isolati, abbandonati a se stessi, manchevoli o eterodipendenti dall’esterno; vale a dire agli individui che, impossibilitati a «farcela» da soli quanto alla gestione dei passaggi della vita quotidiana (in quanto toccati da impedimenti di carattere fisico o psichico o sensoriale o logistico o anagrafico), continuano a non trovare, all’intorno, da parte della comunità organizzata, supporti idonei a consentire la realizzazione del progetto di vita loro proprio, più o meno complesso o ambizioso.
In tale ottica, finisce per smarrire centralità sul terreno applicativo la tradizionale nozione di «capacità d’intendere e di volere», nozione affiancata e sopravanzata, sul terreno strategico-disciplinare, dalle categorie che s’intonano alla «inadeguatezza gestionale» o alla «fragilità negoziale»: ed è palese come si tratti di figure dai contorni ben più ampi e frastagliati, di stampo «pan-basagliano», in grado di abbracciare anche condizioni non patologiche, sul terreno fisio-psichico, e tuttavia caratterizzate dalla presenza di intralci organizzativo-funzionali di un certo peso.
È come dire che la categoria dei «soggetti deboli» appare destinata a comprendere, di qui in poi, non soltanto gli svantaggiati psichici o fisici in senso stretto, ma più in generale tutte le persone che stanno «così così»: l’insieme degli esseri che si trovino privi cioè, per ragioni di varia natura, dell’autonomia relazionale e della «fragranza burocratica» necessaria a condurre appropriatamente la vita quotidiana.
Di qui la necessità di un’interpretazione estensiva per lo stesso articolo 404 del codice civile, rispetto ai riferimenti testuali all’infermità e alla menomazione, in vista di una lettura idonea ad abbracciare anche tipi di occlusioni «mondane», apnee contabili, micro-spaesamenti di civiltà, blocchi e rallentamenti «organizzativo-funzionali» della persona, con aspetti di marcata gravità o cronicità, ma non necessariamente originati da fattori di ordine medico-clinico.

A questo vasto insieme di esseri bisognosi di una salvaguardia privatistica si rivolge il sistema di protezione qui delineato; come risulta palese, in particolare, dall’attribuzione di una salvaguardia alla sovranità individuale, sul terreno testamentario e in materia di donazione, a favore del beneficiario di amministrazione di sostegno «incapacitato» dal giudice tutelare relativamente a tali atti, e – più in generale – a vantaggio del disabile, ovvero nei confronti della persona che, pur non sottoposta alla misura di protezione, si trovi nelle condizioni contemplate dall’articolo 404 del codice civile (richiamato anche dagli articoli 591-bis e 775-bis del medesimo codice, inseriti dalla presente proposta di legge), e così pure a tener conto del riconoscimento di una limitata capacità d’agire a favore del minore d’età.1.3. Continuità con la disciplina sull’amministrazione di sostegno.Si è visto come la messa in cantiere di un progetto abrogativo, e gli ulteriori interventi che si delineano, costituiscano nel loro insieme una tappa non più rinviabile nella creazione di un sistema organico di protezione dei soggetti deboli.
Si è detto, altresì, come la pietra miliare del percorso sia rappresentata dalla riforma sull’amministrazione di sostegno, di cui l’odierno progetto rappresenta la naturale prosecuzione.

Così, in primo luogo, quanto all’estensione dell’area dei soggetti presidiabili daldiritto privato, sappiamo come la riforma-madre abbia avuto il grande merito di introdurre una nuova prerogativa soggettiva, di rango costituzionale, definibile quale «diritto al sostegno»: prerogativa individuale complessa, riferibile alla persona non autosufficiente, e tale da interessare tutti quanti i soggetti deboli, comprendente, dunque, non soltanto i disabili gravi (ai quali si rivolgeva il vecchio sistema di «protezione», con le misure incapacitanti dell’interdizione e dell’inabilitazione).
Ecco allora il superamento di un grave limite nel sistema codicistico del 1942, che si occupava, com’è noto, solamente degli individui più seriamente colpiti dal destino, soprattutto a livello mentale; e si disinteressava, invece, della massa dei cosiddetti borderline (lasciati a galleggiare ognuno per conto proprio: soggetti «non conciati» abbastanza male, psichicamente, da poter essere interdetti o inabilitati, e privi, peraltro, della possibilità di far ricorso a qualche misura – nell’armamentario del codice – per risolvere i loro problemi). Su questa direttrice si muove il raggio d’intervento del nuovo impianto riformatore, oggi proposto.
Sotto altro profilo, la continuità (del progetto de iure condendo) rispetto alla riforma dell’amministrazione di sostegno si coglie nel rafforzamento del principio di tendenziale capacità d’agire della persona. Tale direttrice è portata, anzi, alla sua piena e definitiva attuazione, mediante la soppressione delle misure «protettive» di vecchio stampo, nonché attraverso il superamento della concezione su cui queste si reggevano, rappresentata dall’idea della generale deminutio formale del soggetto «protetto», del quale veniva sacrificata ogni stilla di sovranità.
Pur non essendosi optato – con la precedente riforma – per l’opzione di tipo schiettamente abrogativo, è opportuno sottolineare come le modifiche apportate dalla legge n. 6 del 2004 agli articoli 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile abbiano determinato un parziale ammorbidimento dei vecchi istituti, oltre che il «contingentamento» della loro potenzialità applicativa. Quanto poi alle ragioni dell’opzione «conservatrice», le stesse possono sintetizzarsi, com’è noto, in una scelta di accortezza tattica, che ispirò il legislatore del tempo, durante una fase in cui i tempi ancora non apparivano maturi per il cambiamento più radicale. A quell’epoca l’interdizione non poteva che rimanere presente (nel progetto e) nel codice civile, seppur alleggerita di qualche spina, pena il rischio di una bocciatura per l’intera manovra riformatrice, ad opera dei settori più retrivi del Paese.

È giunto il momento, tuttavia, per un «no» più esplicito e irreversibile, in ordine alla figura in esame; le ragioni di ciò, in estrema sintesi, possono così indicarsi:          a) taglio espropriativo dell’interdizione: un regime che comporta la morte civile della persona, che tradisce valenze cripto-punitive, che dà luogo a un eccesso di impedimenti anche di natura non patrimoniale;b) mancanza di valore terapeutico: inidoneità a prestarsi a un progetto personalizzato di risocializzazione per il disabile;c) enfasi solo economicistica, impostazione di favore nei riguardi dei familiari o dei terzi, frequenza statistica per i casi di sciacallaggio;d) costosità, scarsa trasparenza delle procedure, debolezza delle garanzie formali e politiche, complessità delle revoche e delle modifiche.La continuità tra la riforma del 2004 e la presente proposta di legge si coglie, ulteriormente, nei ritocchi che vengono proposti, ora, riguardo alla disciplina dell’amministrazione di sostegno, al fine di superare i dubbi interpretativi emersi in questi primi anni di vigenza.
A tale scopo si è scelto di utilizzare il contenitore delle norme processuali che figurano, attualmente, dedicate alla disciplina del procedimento per interdizione (articoli 712-720 del codice di procedura civile) e ciò per meglio disegnare i passaggi rituali dell’amministrazione di sostegno.2. Le Linee-guida della riforma.Ecco allora le scelte fondamentali da cui è sorretta la presente proposta di riforma.2.1. L’interdizione e l’inabilitazione vanno soppresse.La scelta centrale, perno del sistema che si propone, è quella – ampiamente preannunciata – della soppressione definitiva delle anacronistiche misure dell’interdizione e dell’inabilitazione.

È appena il caso di ricordare come già nel 1986 venisse evidenziata dagli estensori la necessità di valutare l’interdizione quale «risposta eccessivamente severa, frutto di concezioni ormai superate in sede psichiatrica, funzionale prevalentemente agli interessi dei familiari o dei terzi e che finisce per comprimere o per annullare alcuni tra i diritti fondamentali della persona, risultando sicuramente sproporzionata rispetto alle necessità di salvaguardia della grande maggioranza dei sofferenti psichici» (Bozza Cendon 1986).
E va sottolineato ancora come la prima fase applicativa della legge n. 6 del 2004 sia valsa, sempre più, a far superare i dubbi in proposito; tanto che da parte della stessa Corte di cassazione, in una decisione di qualche anno fa (Cassazione civile, sezione I, 12 giugno 2006, n. 13584), è stato precisato come «l’ordito normativo esclude che si faccia luogo all’interdizione tutte le volte in cui la protezione del soggetto abitualmente infermo di mente, e perciò incapace di provvedere ai propri interessi, sia garantita dallo strumento dell’amministrazione di sostegno», concludendosi nel senso del carattere affatto residuale dell’interdizione, misura cui (si è precisato) sarà ammissibile far ricorso soltanto quando si tratti di gestire una «attività di una certa complessità», o quando occorra contrastare il rischio che il soggetto compia «atti pregiudizievoli per sé».
Detto orientamento è stato, in seguito, ribadito, a più riprese, fino ai giorni nostri. È il caso di ricordare le pronunce fondamentali al riguardo: la sentenza n. 9628 della Corte di cassazione, sezione I del 22 aprile 2009; la sentenza n. 4866 della Corte di cassazione, sezione I del 1 marzo 2010; la sentenza n. 22332 della Corte di cassazione, sezione I del 26 ottobre 2011 e la sentenza n. 1770 della Corte di cassazione, sezione III dell’8 febbraio 2012 la quale ha ricordato che l’interdizione e l’inabilitazione sono state relegate al rango di extrema ratio dalla riforma del 2004.

Occorre, a tale proposito, rilevare come la sopravvivenza (positiva) dei due istituti codicistici, ormai agonizzanti, non possa – in realtà – trovare serie giustificazioni neppure entro il ristretto e residuale spazio di operatività che la Cassazione sembra loro riconoscere; e ciò in quanto la neo-figura dell’amministrazione di sostegno si atteggia (ecco il punto) quale misura in grado di far fronte adeguatamente, nelle mani del giudice, pure alle situazioni che appaiono richiamate dalla suprema Corte.
Vedremo subito come il ruolo della neo-figura risulti ulteriormente valorizzato dalla presente proposta di legge. Il punto è che, già nell’attuale fase applicativa, essa si presenta quale mezzo duttile, modulabile in relazione alle esigenze specifiche dell’interessato (persona priva, in tutto o in parte, di autonomia), nonché strumento difensivo applicabile, in quanto tale, ad ampio raggio: anche cioè in quelle situazioni in cui si tratti di far fronte a un rischio di autolesionismo della persona o ad attività gestorie particolarmente complesse e delicate.
A ciò va aggiunta la considerazione che l’amministrazione di sostegno si atteggia, sulla carta, come una risposta non avvilente, al contrario di quanto non si debba dire delle misure che ci si propone, oggi, di sopprimere (e basta rinviare, in proposito, all’ormai amplissima dottrina e giurisprudenza in argomento).
«Non abbandonare» e «non mortificare» sono (è stato scritto) i due princìpi cardine della riforma del 2004. Di qui la necessità di eliminare dall’ordinamento ivecchi «ordigni incapacitanti», se si vuole evitare che il principio del «non mortificare» rimanga imbrigliato nelle secche del sistema, con il salvacondotto (assicurato a monte) per una fonte di seri attentati alla dignità personale.
Non si può non prendere atto, a tale riguardo, di un elemento non troppo incoraggiante: ci si riferisce alla propensione ancora oggi riscontrabile presso alcune (per fortuna poche) sedi giudiziarie del nostro Paese, ove, per ragioni che trovano ormai appiglio nel dato meramente formale, si insiste talora nel far ricorso all’interdizione.2.2. Anche l’interdizione legale va cancellata.L’interdizione legale, pena accessoria contemplata dagli articoli 19 e 32 del codice penale, non può neppur essa conservarsi nell’ordinamento penalistico, data la sua indubbia valenza (ecco i doveri della coerenza) di svilimento per la dignità della persona.
La scelta abrogativa a livello di codice civile non può, cioè, non riguardare anche l’interdizione legale, tenuto conto, oltretutto, che l’eliminazione dell’istituto ha già formato oggetto di vari progetti di riforma, nel corso degli ultimi quindici anni, relativi alla revisione generale del codice penale.
Può ricordarsi, al riguardo, che una prima proposta venne presentata nel 1991, seguita da progetti di riforma nel 2000 e nel 2001 (http://www.giustizia.it/studierapporti/comm–studio–1999-2001.htm), tutti decaduti.
In data 27 luglio 2006 – merita aggiungere – è stata istituita poi una Commissione per lo studio della riforma del codice penale, sulla premessa della necessità di procedere ad una riforma del codice penale, volta ad approfondire, tra l’altro, il tema delle sanzioni, in una prospettiva tendente alla loro razionalizzazione (nel quadro del contemperamento delle esigenze di prevenzione generale e di prevenzione speciale).

Nessun dubbio, pertanto, circa l’opportunità di completare il presente progetto abrogativo, inerente al codice civile, includendovi anche la misura accessoria interdittiva, la quale (sebbene non pregiudichi la possibilità, per il condannato, di compiere gli atti di natura personale) più non si giustifica oggi, stante il carattere in ogni caso svilente per la dignità della persona.

Collegata alla soppressione della pena accessoria è, altresì, la modifica di due norme del codice di procedura penale, contemplanti il divieto – per l’interdetto e per l’inabilitato – di assumere le funzioni di perito e di interprete.2.3. La categoria dell’incapacità legale riguarda ormai solo i minori.Con la soppressione dell’interdizione e dell’inabilitazione, quella dell’incapacità legale rimane entro il sistema, come una figura dotata di senso solo con riferimento ai minori.

Per quanto riguarda i soggetti maggiorenni, a un tipo di espropriazione sul piano negoziale, a tutto campo, viene a sostituirsi la possibilità di un’incapacitazione funzionale, depersonalizzata; nulla che possa implicare, cioè, un etichettamento dell’interessato quale incapace di agire, una volta per sempre, bensì: 1) una mera e contingente sospensione di poteri, 2) giustificata da specifici pericoli sul terreno gestionale, e comunque 3) circoscritta, secondo la modulazione che sarà stabilita dal giudice tutelare, nel caso concreto, a uno o a più (in limitatissimi casi, a tutti quanti gli) atti e operazioni da compiersi.

Vale la pena sottolineare che anche l’eventuale approdo a una «incapacitazione» totale, estesa cioè all’insieme degli atti personali e patrimoniali (esclusi quelli della vita quotidiana), avrà natura prettamente funzionale, essendo revocabile o ritoccabile, oltre tutto, in qualsiasi momento.

I casi in cui potrà addivenirsi ad «incapacitazione piena» dovranno essere pur essi contingentati, circoscritti, rigorosamente, alle situazioni di malessere psichico tali da comportare seri rischi di autolesionismo: e si può pensare, abbiamodetto, al disabile intenzionato a porre in essere atti di tipo rovinoso/autodistruttivo, o all’individuo del tutto inerte/ostile rispetto al compimento di un negozio necessario per fronteggiare qualche necessità.2.4. Un neo-modello privatistico: la «inadeguatezza gestionale».Ridimensionata, riguardo al soggetto maggiorenne, la categoria dell’incapacità di agire, il sistema di protezione delle persone deboli viene a imperniarsi sulla neo-figura della «inadeguatezza gestionale».

Tutti coloro i quali presentino difficoltà più o meno estese, sul piano organizzativo e gestionale, potranno, di qui in poi, beneficiare del «nuovo» assetto protettivo che offre l’amministrazione di sostegno, compresi i «clienti» dei tradizionali modelli incapacitanti.

Sarà la «inadeguatezza gestionale» a fornire i tratti delle persone aventi titolo all’intervento di protezione, e ciò mediante il riscontro (non necessariamente di una patologia fisio-psichica, bensì) di una mancanza di autonomia sul versante del «fare», quand’anche riferibile alle cause più eterogenee, non necessariamente, valga ripeterlo, di rilievo clinico-positivistico.

In tale contesto, lo stesso articolo 404 del codice civile finisce per postulare nuove chiavi di lettura, non più riduttivamente letteralistica (con un’accentuazione dei riferimenti all’infermità e alla menomazione), quanto incardinata sulla nozione di «impossibilità/difficoltà di fare».
Riferendosi a condizioni personali anche fortemente disomogenee e variegate, l’inadeguatezza gestionale assume una connotazione dai contorni inevitabilmente sfumati; è dubbio se essa si presti ad essere inserita nel codice civile come categoria formale (sostitutiva – in un certo senso – della svuotata incapacità d’agire); diventa, comunque, una nozione-guida per identificare le situazioni in cui si richieda l’intervento di protezione.

Un esempio indicativo lo si può ritrovare nella previsione – della presente proposta di legge – relativa al testamento e alla donazione della persona disabile. Come meglio illustrato oltre, gli articoli 591-bis e 775-bis del codice civile, introdotti dalla presente proposta di legge, rendono possibile alla persona disabile redigere un testamento o compiere una donazione, mediante forme e modalità atte a salvaguardare l’operazione negoziale contro il rischio di future impugnazioni da parte dei parenti.2.5. Rapporti fra inadeguatezza gestionale e incapacità naturale (annullamento del contratto).Accanto alla più ampia figura dell’inadeguatezza gestionale, rimane in vita nel sistema la categoria dell’incapacità naturale. Figura – può osservarsi – di stampo giuridico-naturalistico, in quanto facente riferimento alla condizione del soggetto il quale risulti privo in tutto o in parte (in via transitoria o stabile, per ragioni generalmente di ordine clinico) delle attitudini cognitive e volitive.

Oggi, in una parola, l’infermo di mente non interdetto, e neppure beneficiario dell’amministrazione di sostegno, oppure beneficiario ma incapace naturale solo a sprazzi.
Con riferimento a tale più circoscritta cerchia di «soggetti deboli», si sa come l’ordinamento appresti uno strumento di protezione di natura occasionale e reattiva, costituito dalla disciplina dell’annullabilità degli atti e dei contratti (articoli 120, 428 e 1425 del codice civile), disciplina sulla quale la presente proposta interviene con integrazioni e modifiche correttive.
La categoria dell’incapacità d’intendere e di volere continuerà, pertanto, a reggere una parte minore del sistema di protezione dei soggetti deboli, accanto al sistema, di impronta generale e preventiva, che è costituito dall’amministrazione di sostegno.

In definitiva, accanto al modello generale di soluzione dei problemi gestionali della stragrande maggioranza delle persone disabili (da intendere nell’accezione ampia suggerita dalla nozione di inadeguatezzagestionale) si pone uno strumento di natura reattiva, volto cioè a salvaguardare l’incapace d’intendere e di volere (il quale non risulti già protetto dall’amministrazione di sostegno) rispetto a un atto o a un contratto per sé pregiudizievole.
Può di conseguenza concludersi, per quanto concerne il diritto privato, che il sistema di protezione dei «soggetti deboli» si reggerà – essenzialmente – su un doppio binario: quello principale, costituito dal sistema dell’amministrazione di sostegno, e quello secondario, rappresentato dall’annullabilità degli atti e dei contratti compiuti dall’incapace naturale.2.6. Tutto quello che si fa con l’interdizione si può fare anche con l’amministrazione di sostegno.Soppresse le misure di vecchio stampo, l’asse del sistema di protezione verrà definitivamente a incentrarsi sull’amministrazione di sostegno, quale misura di protezione applicabile a 360 gradi.

Non costituisce certo un dato nuovo che l’amministrazione di sostegno – per la duttilità da cui la figura è contrassegnata – è in grado, all’occorrenza, di assicurare un intervento ad amplissimo raggio, e ciò sia sotto il profilo soggettivo (riguardo, cioè, al target di clientela presidiabile), sia sotto il profilo oggettivo (ovvero, con riferimento all’estensione del potere rappresentativo e sostitutivo dell’amministratore di sostegno).
Il dato nuovo, che emerge in modo chiaro dalla presente proposta, è l’estendersi della sfera d’azione dell’amministrazione di sostegno anche all’area residua fin qui conservata all’interdizione e all’inabilitazione; area residua identificata dalla Corte di cassazione (con la sentenza n. 13584 del 12 giugno 2006) nelle situazioni in cui debba essere compiuta un’attività particolarmente complessa, o in cui debba contrastarsi il rischio che il soggetto compia atti per sé pregiudizievoli.

Nella prospettiva riformatrice, dunque, l’incapacitazione formale (e ghettizzante) – riconducibile, de iure condito, negli stampi dell’interdizione e dell’inabilitazione – diverrà mera «incapacitazione funzionale»: relativa cioè non già alla persona, bensì a uno o a più atti (in limitatissimi casi a tutti gli atti), cui attingere, quando necessario, nel contenitore stesso dell’amministrazione di sostegno.
Quanto alla possibilità di incapacitazione totale, o comunque, estesa alla maggior parte degli atti, occorre precisare che la stessa dovrà costituire un tipo di intervento soltanto eventuale, che spetterà al giudice disporre, volta per volta, più o meno ampiamente, a seconda che vi sia o meno il concreto pericolo di un cattivo uso dei propri poteri e diritti, da parte dell’interessato; laddove tale pericolo manchi, come accade in effetti nella maggioranza dei casi, l’amministrazione sarà al 100 per cento non incapacitante.

Ci troviamo, dunque, di fronte a una «filosofia» opposta a quella dell’interdizione, dato che l’incapacitazione riguarda solo gli atti specificamente menzionati (magari uno soltanto), mentre, per tutto il resto, il beneficiario conserva intatta la propria sovranità; qualora, poi – in limitatissimi casi – l’incapacitazione dovesse essere totale, si tratterà di una sospensione disposta non già una volta per sempre, bensì in via revocabile e rimodellabile a seconda dei bisogni della persona, e compatibilmente con gli interessi di questa.
Vedremo, poi – ulteriore aspetto di valorizzazione dell’amministrazione di sostegno – che la «incapacitazione» potrà riguardare anche atti di natura personale.2.7. Persone da non «incapacitare» mai (quelle del tutto inerti, quelle colpite da meri deficit fisico-sensoriali) e persone «incapacitabili» (quelle esposte a rischi di sperpero/autolesionismo).Ma in quali casi e a quali condizioni occorrerà fare luogo ad un’incapacitazione più o meno estesa in sede negoziale?
Il discrimen va individuato nelle caratteristiche stesse della «inadeguatezza gestionale» dalla quale risulti affetto, volta a volta, l’interessato.
Tre le situazioni che possono affacciarsi.

La prima è quella dei soggetti impossibilitati, per motivi di ordine fisico o neurologico, a fare e decidere alcunché da soli: creature bisognose di un pieno soccorso legale, ridotte contingentemente o irriducibilmente al «lumicino» e tenute al riparo – dalla stessa gravità della condizione in cui versano – contro la possibilità di errori contrattuali o di approfittamenti altrui. Si considerino, per esempio, i soggetti in coma o colpiti da gravi forme di ictus, i malati terminali, i pazienti «attaccati» a una macchina, i portatori di sindromi estreme di oligofrenia o di demenza: in tutti questi casi, proprio per l’estrema gravità della condizione fisio-psichica, la persona si trova nell’impossibilità assoluta di fare alcunché, compresi eventuali atti pregiudizievoli per sé o per altri. Nei loro confronti, pertanto, si impone il ricorso a un vero e proprio alter ego, dotato di piena rappresentatività negoziale, con l’attivazione di un regime di amministrazione di sostegno ad ampio raggio sotto il profilo oggettivo, esteso cioè, fin dall’origine, all’intera fascia della straordinaria e ordinaria amministrazione.

D’altra parte, la condizione di totale inerzia in cui si trovano tali soggetti rende del tutto inutile il ricorso a qualsivoglia forma di ablazione di poteri: ciò che potrà fare l’amministratore continuerà, dunque, a poter essere fatto anche dal beneficiario. Nessuna forma di incapacitazione, dunque, riguardo a tali soggetti.
La seconda tipologia da considerare – rispetto alla quale (analogamente a quanto sopra) non trova giustificazione un provvedimento di amministrazione di sostegno incapacitante – è quella delle persone che, pur trovandosi in condizioni psichiche rassicuranti, accusino deficit fisico-sensoriali tali da far temere intralci o ristagni di vario genere nella coltivazione di rapporti con i terzi e nel compimento di atti necessari alla cura dei loro interessi: si pensi a un soggetto non vedente o sordomuto o costretto a una sedia a rotelle, privo, peraltro, di una rete familiare efficiente e affezionata, disponibile a prendersi cura di lui; si consideri, ancora, un adulto non in grado di farsi capire bene poiché affetto da dislessie, balbuzie, tic, o sofferente di epilessia, o affetto da morbo di Parkinson; e, non da ultimo, un neo-immigrato da un Paese lontano, spaesato e incerto sul da farsi, nonché l’anziano della quarta età pur pienamente lucido e consapevole.
Anche qui, benché vengano in considerazione situazioni opposte, per tanti versi, rispetto alle prime considerate, la soluzione andrà cercata in un provvedimento di amministrazione di sostegno non incapacitante, conservandosi in capo al beneficiario una sovranità piena in ordine agli atti da compiere, compresi quelli affidati al vicario.

La terza categoria, in ordine alla quale soltanto potrà giustificarsi un intervento ablativo, più o meno esteso sotto il profilo oggettivo, è quella dei soggetti afflitti da malanni psichici abbastanza insidiosi o radicati da trovarsi esposti a rischi di sperpero e di autolesionismo qualora venisse conservata la loro sovranità gestionale; è il caso degli schizofrenici, dei malati avanzati di Alzheimer, dei paranoici acuti, dei depressi gravi, di coloro che si trovino in stati deliranti, paranoici, o affetti da disturbi profondi della personalità, inclinazioni al suicidio, forme gravi di dipendenza da alcool o droghe: in definitiva, il vecchio target dell’interdizione. In tali casi, l’attivazione della misura di protezione dovrà essere accompagnata da un’incapacitazione negoziale strettamente limitata, peraltro, alla gamma delle operazioni realmente minacciose per l’interessato, a quegli atti, cioè, che risulterebbero rovinosi, se compiuti, per il beneficiario.
Correlativamente, i poteri da attribuirsi all’amministratore potranno, in tali situazioni, essere estesi al ventaglio delle iniziative tali da non sopportare neghittosità o dilazioni temporali, quelle, cioè, che il disabile non assumerebbe e che, pur tuttavia, si rendessero necessarie per la cura della sua persona o dei suoi interessi.2.8. Scelte terminologiche riguardo alla «incapacitazione».Si impone, riguardo alla «incapacitazione», un motivo di riflessione sul piano terminologico.
In sede di formulazione della presente proposta, si è a lungo discusso circa l’opportunità e la possibilità di introdurre nel codice civile i termini «incapacitare», «incapacitato», «incapacitazione».
Farlo semplificherebbe un po’ le cose, dal momento che la perdita o la deminutio della sovranità negoziale avverrà di qui in poi solo «dal basso», per espressa indicazione del giudice tutelare. E non è facile, a ben vedere, riuscire a esprimere un concetto del genere se non ricorrendo a perifrasi tipo «qualora si tratti di atti rientranti nella sfera di rappresentanza esclusiva dell’amministratore di sostegno», «di atti rispetto ai quali era stato adottato dal giudice tutelare nei confronti del beneficiario un impedimento o un divieto a contrarre», e via dicendo; si tratta – come è evidente – di locuzioni non in grado di evocare il concetto in modo snello né immediato.
Al contrario, l’adozione – anche nel testo normativo – dei termini sopra suggeriti, si rivelerebbe soluzione efficace a sfrondare le singole disposizioni dal peso delle perifrasi alle quali si è dovuto fare ricorso.
Ha prevalso, infatti, la scelta rinunciataria rispetto all’adozione, nell’ambito del codice, dei termini suindicati, per la semplice considerazione che tali termini non figurano nei dizionari della lingua italiana, e, dunque, trattandosi di neologismi, non ci si è sentiti autorizzati ad inserirli ex novo nel codice civile. Si è preferito, in definitiva, rimettere la valutazione di tale scelta al legislatore.2.9. Contemperamento tra libertà e protezione.È facile cogliere, nella costruzione così delineata, una chiara linea di continuità con il principio ispiratore della riforma del 2004, quello cioè dell’apprestare protezione alla persona disabile limitandone gli spazi di sovranità nelle sole evenienze in cui ciò sia indispensabile per la cura e la salvaguardia del suo interesse.

Come noto, la proclamazione del suddetto principio di contemperamento tra libertà e protezione è contenuta nell’articolo 1 della legge n. 6 del 2004: «finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia»; ed è, correlativamente, rinvenibile nella previsione dell’articolo 409 del codice civile, per il quale «il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno».

L’equilibrio tra rispetto della sovranità del beneficiario e intervento di protezione è perseguito, nella presente proposta di legge, in vario modo:a) attraverso la previsione, all’interno di una varietà di disposizioni del codice civile, dell’assistenza e dell’affiancamento dell’amministratore di sostegno per il compimento di atti di natura personale. Si tratta di una forma di assistenza che non si identifica con l’assistenza necessaria contemplata dall’articolo 409 del codice civile, e che rivela invece contorni più morbidi; siamo di fronte, per meglio dire, a una sorta di «tutoraggio» che è apprestato dall’amministratore di sostegno – dietro indicazione del giudice tutelare – ai fini del compimento dell’atto stesso da parte dell’interessato, il quale resta l’unico facoltizzato al compimento dello stesso;b) introducendo spazi di capacità d’agire per il minore, seppure limitatamente agli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana e prevedendo, al contempo, un’intensificazione dei doveri del tutore del minore, sulla falsariga dei doveri genitoriali contemplati dall’articolo 147 del codice civile (si veda il testo degli articoli 382 e 384 del medesimo codice, come modificati dalla presente proposta di legge);c) salvaguardando la sovranità testamentaria e in materia di donazione del disabile, nonché del beneficiario dell’amministrazione di sostegno pur «incapacitato» rispetto a tali atti, con l’introduzione di modalità e di forme ad hoc, atte a preservarlo dal rischio di impugnazione da parte di parenti o di terzi (in tal senso gli articoli 591-bis e 775-bis del codice civile);d) ancora – sul piano processuale – optando per una soluzione di compromesso tra il motivo della sovranità/autosufficienza dell’interessato e quello della salvaguardia dei princìpi costituzionali di difesa e del contraddittorio; si veda, a tal proposito, la nuova disciplina processuale dell’amministrazione di sostegno e, in particolare, le modifiche apportate agli articoli 406 e 407 del codice civile e all’articolo 716 del codice di procedura civile.2.10. Talvolta sarà opportuno che il beneficiario non possa sposarsi, né fare testamento.Sorretta dalla medesima filosofia è, d’altra parte, la scelta compiuta di formulare specifiche ipotesi di «incapacitazione» riguardo agli atti di natura personale.

Tutto sommato, il problema poteva essere superato mediante il semplice rinvio alla possibilità di «incapacitazione» contemplata dall’articolo 409 del codice civile, senza necessità, cioè, di introdurre ulteriori specifiche previsioni in tal senso.
La motivazione di tale scelta va ricercata nel cambiamento radicale che la soppressione dei vecchi istituti determinerà riguardo agli atti personali. Scompariranno, infatti, gli impedimenti personali automatici (stabiliti per gli interdetti), come, per esempio, il divieto di sposarsi, di riconoscere un figlio naturale, di fare testamento o donazione, e via dicendo; e, al tempo stesso, non sarà più possibile fare capo allo strumento offerto dall’articolo 411, quarto comma, del codice civile, trattandosi di una disposizione che rinvia alle limitazioni oggi vigenti previste per l’interdetto; quelle stesse, dunque, che scompariranno.
Ecco, allora, che, siccome gli atti di natura personale (cosiddetti atti personalissimi) «non più proibiti» sono assai diversi ed eterogenei fra loro, e, pertanto, non ascrivibili a una categoria dogmatica unitaria collaudata, tale da poterli abbracciare tutti, il giudice tutelare dovrà elencare, di volta in volta, lo specifico atto (o gli specifici atti) impedito al beneficiario nel suo stesso interesse e ciò facendo riferimento alle previsioni che vengono introdotte nelle opportune sedi, ove si prevede la possibilità che il giudice tutelare vieti, via via, al beneficiario di sposarsi, oppure di esercitare impugnative familiari, di fare testamento o donazioni, eccetera, salvo qua e là la possibilità di farlo con l’aiuto di un amministratore di sostegno.
D’altra parte, la disposizione contenuta nell’articolo 411, quarto comma, del codice civile viene riformulata totalmente, andando a costituire una previsione di chiusura, in grado di autorizzare limitazioni alla possibilità di agire del beneficiario non espressamente contemplate in specifiche disposizioni del codice, ma che il giudice tutelare reputi necessarie per la salvaguardia dell’interesse del beneficiario.
Soltanto allorché la valutazione dell’interesse del beneficiario conduca a ravvisare la necessità di un divieto al compimento della totalità degli atti personali, il giudice potrà adottare una formula onnicomprensiva facente riferimento, cioè, in via generale, a tutti gli atti di tale natura. Riesce difficile, peraltro, immaginare una situazione che giustifichi l’adozione di tale formula da parte del giudice tutelare, dovendo abbandonarsi la logica del «tutto in una volta e per sempre» che caratterizzava il vecchio sistema.
Del tutto sporadiche saranno, infatti, le situazioni in cui il beneficiario si trovi a dover compiere, in un unico momento, tutti gli atti di natura personale, o quelle in cui il rischio di autolesionismo si presenti rispetto alla totalità di tali atti.
Considerata, d’altra parte, la collocazione in ordine sparso delle singole disposizioni incapacitanti e la riformulazione dell’articolo 411, ultimo comma, del codicecivile, si è ritenuto di dover introdurre un riferimento alla possibilità di «incapacitazione» all’interno della disciplina dell’amministrazione di sostegno, collocandola nell’ambito dell’articolo 409 del codice civile, con un secondo comma di nuova formulazione e del seguente tenore: «Egli conserva altresì la capacità di compiere i singoli atti di natura personale riguardo ai quali il giudice tutelare non abbia stabilito un impedimento con l’atto istitutivo dell’amministrazione di sostegno o successivamente, ai sensi degli articoli 85, 266, 273 e 411, quarto comma».2.11. Il disabile potrà essere ammesso/aiutato a fare testamento e donazioni.Abbiamo già detto che attraverso la previsione di modalità specificamente dedicate alla redazione del testamento e della donazione, è salvaguardata la sovranità – sia del disabile sia del beneficiario dell’amministrazione di sostegno «incapacitato» riguardo a tali atti – rispetto agli atti dispositivi dei propri beni, vuoi mortis causa, vuoi tra vivi (articoli 591-bis e 775-bis del codice civile).
Si tratta di un’innovazione di rilievo, chiara espressione di una scelta di contemperamento tra libertà e protezione della persona disabile.2.12. Il problema è, spesso, la passività dell’interessato, nel qual caso si impone una protezione di tipo «dinamico».La presente proposta di legge interviene, poi, sulle situazioni in cui l’immobilismo dell’interessato si rivela per sé pregiudizievole, tanto da giustificare e, anzi, imporre una protezione attiva, consistente nella previsione del «fare sostitutivo» dell’amministratore.
Si spiegano, così, le disposizioni – contenute negli articoli 471, 650 e 779 del codice civile – che prevedono la rappresentanza esclusiva dell’amministratore di sostegno, su disposizione del giudice tutelare, nel compimento di un atto necessario alla salvaguardia degli interessi della persona, che, tuttavia, questa trascura o rifiuta di compiere.
Tale situazione di rischio è prospettabile e, conseguentemente, è stata prevista riguardo al rifiuto di accettare un’eredità o una donazione che risultino vantaggiose per il beneficiario, o all’inerzia nell’esprimere il rifiuto del legato di un bene immobile che risulti gravato da ipoteca (inerzia che, come noto, comporta l’accettazione tacita del legato). Ovviamente, anche per tali situazioni l’intervento «impositivo» del giudice tutelare e il conseguente «fare sostitutivo» dell’amministratore di sostegno dovrà essere contingentato, riservato, cioè, ai soli casi in cui si tratti di evitare al beneficiario il pregiudizio che verrebbe prodotto dalla propria inerzia o rifiuto di fare.2.13. Talune operazioni devono poter essere compiute anche contro la volontà del beneficiario.Nonostante l’opzione prescelta nella direzione di una protezione anche attiva/sostitutiva del disabile, riguardo ad atti necessari che egli trascuri o rifiuti di compiere, possa apparire contrastante con il rispetto della libertà della persona, essa trova ragione – come già detto – nella necessità di apprestare una protezione effettiva ed efficace, quando siano in gioco interessi legati al sostentamento e alla cura del disabile.
La finalità di realizzare un giusto equilibrio tra presa in carico e conservazione, quanto più possibile, di spazi di sovranità e di autonomia in capo alla persona protetta deve, dunque, continuare (come, peraltro, già spicca dalla riforma del 2004) nel segno di una presa di distanza rispetto ad ormai anacronistiche, e al limite nocive, suggestioni antipsichiatriche.
Se, infatti, è pacifica, in generale, la necessità che le aspettative del beneficiario siano presidiate scrupolosamente (e che egli sia, anzi, incoraggiato a coltivare i propri sogni, piccoli e grandi: articolo 410 del codice civile); se è indubbio che occorrerà tollerare – quanto a stile di vita – capricci, fughe in avanti e bizzarrie divaria sorta (escludendo, di norma, contro-interventi idonei a generare frustrazioni o sconforto); altrettanto netta è la necessità di non oltrepassare certe soglie di normalità e civiltà, nell’accudimento dei disabili.

In nessun caso, dunque, potrebbe giustificarsi la comprensione per filosofie anti conformiste o selvagge tali da poter compromettere la stessa sopravvivenza alimentare, sanitaria, economica, logistica, o gli standard di un sia pur minimo benessere dell’interessato e delle persone con lui conviventi.2.14. Decide il giudice tutelare.Ulteriore aspetto da sottolineare consiste nel rafforzamento, che la proposta ha di mira, del ruolo affidato al giudice tutelare.
Già oggi – può osservarsi – il giudice tutelare rappresenta uno dei principali protagonisti del sistema di protezione dei disabili, essendo a lui affidato il delicato ruolo di stabilire le direttive di base e di introdurre gli aggiustamenti e le revisioni che, via via, si imporranno a seconda dell’evoluzione concreta della situazione.
Nello svolgimento del suo ruolo, il giudice tutelare è chiamato a ritagliare soluzioni improntate al principio cardine della legge n. 6 del 2004, del «non abbandonare» e «non mortificare»; e, dunque, a evitare ogni deminutio, ogni sacrificio dell’autonomia dell’interessato che non possa dirsi giustificato, effettivamente, dal bisogno di protezione.
In definitiva, il giudice tutelare, investito in pieno del compito valutativo in ordine al bisogno di protezione e al corrispondente tasso di salvaguardia da attivare, è chiamato a fare da riferimento costante e immancabile, ai fini della decisione, alla stella polare rappresentata dal presidio delle massime dignità e sovranità della persona.
La rilevanza del ruolo affidato al giudice tutelare spicca, in modo particolare – nella presente proposta di legge – per quanto concerne l’incapacitazione eventuale del beneficiario; questa costituirà, in effetti, un dato da stabilirsi dal giudice tutelare, volta per volta, e più o meno ampiamente, a seconda che vi sia oppure non vi sia il concreto pericolo di un cattivo uso dei propri poteri e diritti, da parte dell’interessato; laddove tale pericolo manchi, come accade nella maggioranza dei casi, il giudice tutelare sarà chiamato ad attivare un’amministrazione al 100 per cento «non incapacitante».
La valorizzazione del ruolo del giudice tutelare si coglie, poi, sotto un ulteriore profilo; ed esattamente, riguardo alle funzioni che gli sono affidate (nella presente proposta) ai fini della predisposizione e della redazione di un testamento e, altresì, di un atto di donazione, da parte del disabile o del beneficiario al quale sia stato vietato di fare testamento o donazione. Tali norme, infatti, affidano al giudice tutelare una pluralità di funzioni alquanto delicate: e così, la sorveglianza rispetto alla predisposizione e alla formazione dell’atto; la fissazione delle modalità da adottare; la scelta tra curatore e amministratore di sostegno cui affidare la redazione dell’atto.

E, ancora, non può sottacersi del potere di attivare una protezione «attiva», consistente, cioè, nell’attribuire all’amministratore di sostegno la rappresentanza esclusiva riguardo all’accettazione di un’eredità o di una donazione, o, ancora, alla manifestazione del rifiuto di accettare un legato.2.15. Nuove funzioni di «tutoraggio» nell’amministrazione di sostegno.Specularmente, il ruolo del «vicario» risulta valorizzato anch’esso dall’impostazione qui proposta.
Si è già parlato dei poteri di «affiancamento» che potranno attribuirsi all’amministratore di sostegno riguardo al compimento di atti di natura personale (del beneficiario): una forma di «tutoraggio» che, pure non sostanziandosi tecnicamente nella «assistenza necessaria», di cui all’articolo 409, primo comma, del codice civile, diverrà imprescindibile per la messa in opera dell’atto da parte dell’interessato.
Non va trascurato, ulteriormente, il ruolo attivo di cui l’amministratore disostegno potrà essere investito – secondo la nuova previsione degli articoli 591-bis e 775-bis del codice civile – consistente nell’accompagnare per mano il beneficiario relativamente alla predisposizione e alla redazione del testamento o di un atto di donazione.
Così pure, non va dimenticata la funzione di protezione «attiva» (in via non esclusiva o meno) cui l’amministratore di sostegno potrà essere chiamato dal giudice tutelare, nei casi di inerzia e di immobilismo del beneficiario, riguardo al compimento di atti necessari alla cura dei propri interessi.2.16. Contratto concluso dall’incapace naturale: «pregiudizio» sì, «mala fede» (dell’altra parte) no.Nonostante il raggio di copertura a 360 gradi, che è proprio dell’amministrazione di sostegno, occorreva preoccuparsi della condizione dell’incapace naturale il quale non sia stato protetto mediante l’amministrazione di sostegno.

Si è visto, a tal proposito, come la disciplina dell’incapacità naturale attenga a un versante ben preciso – seppur minoritario – del sistema di protezione dei soggetti deboli.
Orbene, le innovazioni apportate nella proposta riguardano, soprattutto, il regime di annullabilità degli atti e dei contratti posti in essere dall’incapace naturale (articolo 428 del codice civile):a) è stato previsto, in particolare, quale elemento necessario e sufficiente a legittimare l’azione di annullamento del contratto (come già contemplato nell’articolo 428 relativamente agli atti unilaterali), il pregiudizio per l’incapace;b) si è, d’altra parte, eliminato l’ulteriore presupposto della «mala fede» dell’altro contraente (da intendere come consapevolezza dello stato di incapacità), che era contemplato nell’attuale formulazione della norma.L’innovazione consente di superare il motivo di possibile remora alla contrattazione con l’incapace, rappresentato – nell’assetto vigente – dal rischio di subire un’azione per annullamento del contratto a motivo della propria «mala fede». Soprattutto, diventano annullabili anche i contratti, pregiudizievoli, che siano stati conclusi in circostanze tali da non consentire al partner il riconoscimento dello stato di incapacità.
Se il contratto non è stato pregiudizievole, non basterà invece – ai fini dell’annullamento – la dimostrazione dell’essersi il partner avveduto della condizione di incapacità del disabile. Il contraente «abile» sarà, conseguentemente, portato a concludere contratti con un soggetto che egli pur sappia essere incapace, senza (paventare di) rischiare l’annullamento negoziale in ragione di ciò.
Sulla stessa linea appare la proposta di inserire nell’articolo 1993 del codice civile (riguardante le eccezioni opponibili dal debitore al possessore di un titolo di credito) un comma di nuova formulazione, ove si prevede che la possibilità per il debitore incapace naturale di opporre al possessore del titolo l’eccezione della propria incapacità è subordinata alla sussistenza e alla prova del dato del «pregiudizio» per l’incapace stesso.2.17. Anche l’incapace naturale risponde dei danni.È proposto ulteriormente un riassetto del sistema di responsabilità civile dell’incapace, attraverso la sostituzione degli articoli 2046 e 2047 del codice civile.
La scelta compiuta è nel senso della tendenziale responsabilizzazione dell’incapace, ossia della salvaguardia del pieno diritto al risarcimento per la vittima dell’illecito aquiliano. Si tratta, a ben vedere, di un’opzione coerente con la filosofia di fondo dell’intera proposta, costituita dalla massima (nei limiti della ragionevolezza) valorizzazione della sovranità del disabile psichico.
Il nucleo fondamentale della nuova ipotesi è rappresentato dalla sostituzione della regola di piena responsabilità, a quella oggi vigente di irresponsabilità dell’incapace (in linea di principio) per l’illecito commesso.
Le ragioni di fondo sono note: da tempo il diritto comparato mostra, quale orientamento crescente negli ordinamenti stranieri, quello della responsabilizzazione dell’infermo di mente; né mancano d’altronde, nella scienza psichiatrica moderna, indicazioni circa i frequenti riflessi antiterapeutici di qualsiasi forma di deresponsabilizzazione.2.18. Pure al minore va riconosciuta una limitata capacità d’agire.Per quanto riguarda il minore d’età si è ritenuto di prevedere una limitata capacità di agire, relativamente agli atti della vita quotidiana.
È una scelta coerente con il più generale progetto di liberazione degli incapaci dalle strettoie che ancora si frappongono rispetto al percorso di realizzazione personale; e corrisponde anche a una delle direttrici di fondo del nuovo impianto, ossia all’idea che l’ordinamento non debba, nel tratteggiare lo statuto delle persone, mostrare eccessivo ossequio verso le categorie formali della tradizione, per aderire invece a un concetto di capacità/incapacità di tipo funzionale.
Di qui la neo-regola circa la possibilità per il minore d’età di compiere gli atti della vita quotidiana, se e in quanto egli figuri possedere capacità di discernimento – da valutarsi in concreto – tali da renderlo consapevole circa gli effetti dell’atto.
Inutile aggiungere come la scelta di estendere, sia pure in misura limitata, l’area del «fare negoziale» per il soggetto minore d’età trovi conforto nella indiscussa anticipazione – che ha avuto luogo nell’epoca attuale, grazie anche ai progressi scientifici e culturali e all’evoluzione del costume sociale prodottisi negli ultimi decenni – del processo di maturazione cognitiva del minore.2.19. Sovranità e autosufficienza processuale dell’interessato (in relazione al procedimento di amministrazione di sostegno).Sul piano processuale, si è cercato di assecondare ulteriormente – rispetto a quanto già previsto nell’impianto attuale della disciplina sull’amministrazione di sostegno – l’esigenza di rendere quanto più snello e immediato l’accesso alla nuova misura di protezione.
Significativa, a tale riguardo, l’espressa indicazione che il ricorso per l’amministrazione di sostegno può essere presentato direttamente dall’interessato (articolo 406 del codice civile); e non meno eloquente la previsione contenuta nell’articolo 716, primo comma, del codice di procedura civile, relativa alla sovranità e all’autosufficienza processuale dell’interessato, il quale potrà stare in giudizio e compiere da solo tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni.
Il presidio della sovranità processuale del disabile trova un limite, d’altra parte, nella necessità di prevedere la difesa tecnica, laddove questa appaia imprescindibile per la piena salvaguardia di diritti fondamentali della persona.
Si è optato a tale riguardo per una soluzione di equilibrio.2.20. L’avvocato occorrerà solo quando sia in gioco la compressione di diritti fondamentali della persona.Coerentemente con le indicazioni tracciate nel «Manifesto per l’abrogazione dell’interdizione» (pubblicato su www.personaedanno.it) – e che sono state suggellate dalla Cassazione con la sentenza n. 25366 del 29 novembre 2006 – ci si è orientati a prevedere, nella presente proposta, la necessità di difesa tecnica limitatamente ai casi in cui il giudice tutelare ritenga di disporre nei confronti del beneficiario (e nel suo esclusivo interesse) divieti, limitazioni o decadenze tali da incidere su diritti fondamentali della persona.
Tale previsione è collocata – quanto alle disposizioni processuali – nell’articolo 716 del codice di procedura civile – quanto alle disposizioni di natura sostanziale – nell’articolo 407 del codice civile, con una disposizione facente rinvio all’articolo 716 del codice di procedura civile.

È appena il caso di sottolineare come la linea suggerita, accreditata anche dallaCorte di legittimità, risulti in effetti quella più logica ed armonica:          a) sia perché (stando alle condivisibili argomentazioni della Corte) ogniqualvolta un provvedimento del giudice tutelare appaia tale da toccare, comprimendoli, diritti fondamentali della persona, l’intervento del giudice è destinato a incontrare necessariamente il limite del rispetto dei princìpi costituzionali di difesa e del contraddittorio;b) sia per l’opportunità che venga fornita ulteriore espressione, in tal modo, alla linea del diritto «dal basso»: linea tutta presente entro la disciplina generale dell’amministrazione di sostegno, e che si sostanzia – sul piano processuale – nella scelta di rimettere allo stesso giudice tutelare il compito di valutare, di volta in volta, se sarà necessario far capo alla difesa tecnica.È probabile che l’opzione accolta darà adito, nel futuro, a discussioni e dibattiti:a) su quali siano i diritti fondamentali della persona (ci si chiederà, in particolare, se vengano in gioco soltanto quelli di natura personale – come sembra correttamente adombrare la Cassazione, riferendosi all’ultimo comma del vigente articolo 411 del codice civile – o se vi rientrino anche diritti di natura e contenuto patrimoniale);b) su quale potrà essere, dinanzi alla mancata predisposizione della difesa tecnica, la sanzione cui far luogo nei casi in cui la stessa si presentava necessaria (l’opzione qui accolta prospetta una soluzione per nulla formalistica);c) sul come andranno, ancora, affrontate le situazioni in cui il giudice tutelare abbia scelto di non (domandarsi se) «incapacitare» il beneficiario proprio per evitare le inevitabili complicazioni indotte dalla nomina del difensore, oppure per assecondare la riluttanza di un beneficiario consapevole di doversi dotare di un avvocato.Si tratta, in effetti, di difficoltà di bilanciamento inevitabili in un sistema di protezione dei soggetti deboli che ha in sé una doppia anima: per metà di tipo eminentemente giurisdizionale (allorché ci si trovi dinanzi a persone che vanno davvero «incapacitate», più o meno significativamente, per il loro bene, e che magari non vogliono saperne affatto di essere salvaguardate dal diritto); per metà di natura un po’ più amministrativa (quando la «clientela» sia di tipo leggero, e tutto finisce per assomigliare alle deleghe che ciascuno di noi fa, quotidianamente, per gestire i momenti burocratico-gestionali che ci affannano: banche, posta, condominio eccetera).2.21. Diritto «dal basso» significa minori ossessioni di completezza legislativa.È noto come la riforma sull’amministrazione di sostegno abbia congegnato la protezione dei soggetti deboli quale realtà destinata a prendere corpo essenzialmente «dal basso», secondo le tracce che saranno fornite, di volta in volta, dal giudice.
Ciò risulta ben chiaro solo che si consideri che:a) è rimesso al giudice di confezionare, sul piano concreto, il paradigma di protezione più adeguato, più rispondente cioè alle esigenze e alle aspirazioni che sono manifestate, anche indirettamente, dalla persona;b) sempre al giudice tutelare spetta di operare, nel corso della gestione della misura di protezione, le varie colmature ed integrazioni destinate a rendersi via via necessarie;c) per il beneficiario, la disciplina dell’amministrazione di sostegno non prevede alcuna diminuzione di sovranità (quale tratto disciplinare già scontato in partenza, come avviene con l’interdizione); ogni limitazione sarà stabilita dal giudice hic et nunc, sulla base di un accertamento concreto, calibrato sul bisogno di sostegno e alla misura di esso;d) la disomogeneità/inconfondibilità rappresenta un tratto dominante nella gestione dell’amministrazione di sostegno:per ogni creatura versante in difficoltà il decreto del giudice tutelare appare un quid personalizzato, emesso appositamente sul suo conto, tale da cucire intorno all’interessato un «vestito su misura».      In tale contesto diviene palese anche la diminuita rilevanza dello ius scriptum. E ciò, va sottolineato, non soltanto nella fase di attivazione della misura di protezione, bensì anche nel corso della gestione di essa, via via che procede il monitoraggio e il controllo delle ricadute del provvedimento giudiziale (con verifiche periodiche, sotto uno o più profili, a seconda delle nuove combinazioni che emergono). Determinante resta comunque la ricchezza delle variabili in gioco che il giudice tutelare si vede chiamato, via via, a soppesare.
Di qui la necessità di rifuggire da qualsiasi ossessione di completezza sul piano disciplinare, dovendosi fare affidamento piuttosto, lungo i diversi contesti, sulle attitudini e sulle doti peculiari di sensibilità e di equilibrio di chi sarà chiamato, man mano, a decidere.
È quanto emerge, in primo luogo, da tutta una serie di nuove disposizioni, che rimandano al giudice tutelare la decisione relativa alla «incapacitazione» del beneficiario, riguardo a un determinato atto o a più atti (basta pensare alle varie norme sparse nel libro primo del codice civile, in materia di matrimonio, di filiazione e di successione mortis causa, e nel libro secondo, in materia di donazione; ma si vedano anche i rimandi contenuti nel libro quinto agli eventuali impedimenti, stabiliti dal giudice tutelare, a prendere parte a una società di persone o ad assumere cariche societarie in società di capitali, e così via).
Lo stesso vale per le disposizioni di nuova formulazione in materia testamentaria e di donazione (articoli 591-bis e 775-bis del codice civile), che demandano al giudice la scelta circa le modalità da adottare per la redazione del testamento o di un atto di donazione da parte del disabile; così, ancora, per quanto concerne la nomina, ai fini della redazione dell’atto, di un curatore piuttosto che dell’amministratore di sostegno.
Né va dimenticata l’attribuzione al giudice tutelare di compiti strategici, di puntello o di rilancio, in ordine alla necessità di attivare una protezione «dinamica», consistente, in particolare, nell’attribuire all’amministratore di sostegno la rappresentanza esclusiva riguardo al compimento di determinati atti, che l’interessato trascuri o rifiuti di compiere, ponendo a repentaglio così la propria sussistenza o sicurezza.2.22. Soluzioni nuove per il «dopo-di-noi»: il patrimonio con vincolo di destinazione.Sulla base di alcune indicazioni, offerte dal diritto straniero, ci si è orientati a introdurre poi nel codice civile – con il pensiero rivolto soprattutto ai genitori di un disabile e alle preoccupazioni che essi possono nutrire rispetto al domani – un istituto di tipo nuovo, denominato «patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia» e preordinato a favorire la sicurezza e l’autosufficienza economica del disabile.
Per la relativa disciplina, è sembrato conveniente utilizzare lo spazio che è dedicato attualmente (all’interno del libro secondo del codice civile) alla sostituzione fedecommissaria; tale figura – in considerazione del necessario collegamento con lo schema dell’interdizione, e tenendo conto della sua macchinosità e del suo sostanziale fallimento nella prassi degli ultimi decenni – non poteva che essere soppressa.
Elemento caratterizzante del nuovo istituto è la finalità, che strutturalmente gli si assegna, di favorire l’autosufficienza economica del beneficiario: risultato che viene raggiunto con il «vincolare», appunto, determinati beni (per volontà del disponente) al mantenimento, alla cura, alla istruzione e – più in generale – alle necessità concrete e quotidiane del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in relazione ai bisogni e alle aspirazioni di questo (tanto che,con la revoca dell’amministrazione di sostegno, il vincolo è destinato a venire automaticamente meno).

Da sottolineare, altresì, che i beni facenti parte del patrimonio vincolato potranno essere alienati – dietro autorizzazione del giudice tutelare – nel caso di utilità evidente del beneficiario.2.23. Uno sguardo all’Europa.Da ultimo, va osservato come uno sguardo ai sistemi stranieri, in ambito europeo, rafforzi il convincimento circa l’attualità delle istanze che sono state qui messe in luce e confermi la necessità di una soppressione degli istituti incapacitanti del passato.
In effetti, pur nell’eterogeneità delle situazioni e delle soluzioni, è indubbio che il quadro normativo europeo evidenzia una diffusa sensazione di inadeguatezza, vetustà e anacronismo rispetto all’istituto dell’interdizione.
Nel processo di rinnovamento dei sistemi di protezione delle persone deboli, gli ordinamenti austriaco e tedesco hanno fatto da capofila, avendo introdotto, da tempo, istituti che sono assimilabili alla nostra amministrazione di sostegno, e avendo, altresì, provveduto a sopprimere l’interdizione e l’inabilitazione. Altrove, come in Francia, si assiste a un serio processo di riforma degli istituti della tutelle, della curatelle e della sauvegarde de justice.3. Le modifiche al codice civile, al codice di procedura civile, al codice penale, al codice di procedura penale e ad altre norme.3.1. Interdizione e inabilitazione.La rubrica del capo II del titolo XII del libro primo del codice civile, «Della interdizione, della inabilitazione e della incapacità naturale», è sostituita dalla seguente: «Della incapacità naturale». Tale capo comprende il solo articolo 428 del codice civile modificato, essendo abrogati gli articoli da 414 a 432.L’articolo 428 del codice civile. Per le modifiche apportate all’articolo 428 del codice civile si rinvia al paragrafo 3.3, concernente l’attività negoziale dell’incapace.3.2. Amministrazione di sostegno.La presente proposta di legge incide sulla stessa disciplina dell’amministrazione di sostegno.
Vanno richiamate, in primo luogo, alcune integrazioni e modifiche rese necessarie dal venir meno delle vecchie misure di protezione.Gli articoli 405, 406, 410 e 412 del codice civile. A tale riguardo, va menzionata la riformulazione del terzo comma dell’articolo 405 del codice civile, nonché l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 406 e del quarto comma dell’articolo 411, nonché l’eliminazione dei riferimenti agli istituti soppressi che si trovano contenuti nel primo comma dell’articolo 406. Scompare altresì – sempre nel primo comma dell’articolo 406 del codice civile – il rinvio alla disposizione abrogata dell’articolo 417 del medesimo codice, il quale è rimpiazzato dall’indicazione analitica – nel testo del medesimo primo comma – dei soggetti legittimati a presentare il ricorso.
Viene meno, ulteriormente, il riferimento, contenuto nel secondo comma dell’articolo 411 del codice civile, all’applicabilità dell’articolo 596 del medesimo codice, dato che tale ultima disposizione è riformulata, a sua volta, con specifico riferimento all’amministratore di sostegno.
Quanto al quarto comma dell’articolo 411 del codice civile, la sua riformulazione introduce una previsione di chiusura, con la quale il giudice tutelare viene autorizzato a prevedere, per lo più in via temporanea, possibili limitazioni o impedimenti in ordine ad atti di natura personale, e ciò sempre ed esclusivamente avuto riguardo al solo interesse del beneficiario. Correlativamente, la previsione di tale possibilità viene inserita in disposizioni specifichedel codice civile contenenti la disciplina degli atti di natura personale, quali matrimonio, disconoscimento del figlio, autorizzazione ed opposizione al riconoscimento, testamento e donazione. Anche in queste disposizioni sparse, l’impedimento all’atto potrà essere disposto dal giudice soltanto se ciò si renda necessario nell’interesse esclusivo del beneficiario.
Ulteriori modifiche alla disciplina dell’amministrazione di sostegno trovano motivo nell’opportunità di superare alcune questioni interpretative ed applicative emerse in questi primi anni di attuazione della riforma.      L’articolo 405, terzo comma, del codice civile. Il terzo comma dell’articolo 405 del codice civile è integralmente riformulato, prevedendo la possibilità di nomina di un co-amministratore di sostegno, qualora ciò risponda all’interesse del beneficiario.L’articolo 406, primo comma, del codice civile. Merita menzione, in primo luogo, l’avverbio «personalmente» che è inserito nel primo comma dell’articolo 406 del codice civile, al fine di superare, in via definitiva, la questione concernente la sovranità e l’autosufficienza dell’interessato riguardo all’iniziativa di attivazione del procedimento di amministrazione di sostegno. Si tratta di un’opzione coerente con la ratio legis di disegnare un istituto di facile accessibilità, non oneroso e in grado, perciò stesso, di costituire un vero e proprio strumento di protezione per il disabile.L’articolo 407, quarto comma, del codice civile. È contemplata, d’altra parte, la necessarietà della difesa tecnica del beneficiario, secondo quanto già illustrato per i casi in cui il giudice tutelare ritenga di introdurre divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona. A tal proposito il quarto comma dell’articolo 407, di nuova formulazione, rinvia alla disposizione dell’articolo 716, secondo comma, del codice di procedura civile (anch’essa introdotta ex novo) la quale prevede, appunto, che il giudice tutelare – in tali casi – debba invitare il beneficiario a nominare un difensore.L’articolo 409, secondo comma, del codice civile. È introdotta nell’articolo 409 una disposizione volta a puntualizzare che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la capacità di compiere gli atti di natura personale riguardo ai quali non sia stato incapacitato dal giudice tutelare. Si è ritenuto opportuno inserire tale disposizione (la quale va a formare il secondo comma della norma) poiché il primo comma, con il proclamare la sovranità del beneficiario relativamente agli atti non attribuiti alla rappresentanza esclusiva o all’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno, non è riferito agli atti di natura personale, ciò che, al contrario, diviene opportuno precisare, data l’abrogazione del quarto comma dell’articolo 411 del codice civile. Si è ritenuto utile, in altri termini, puntualizzare che il beneficiario resta il dominus delle scelte attinenti alla sfera dei propri interessi più intimi, salvo che intervenga una limitazione o un impedimento per disposizione del giudice tutelare.L’articolo 412, secondo comma, del codice civile. A completamento della disposizione contenuta nell’articolo 412, secondo comma, è aggiunto il riferimento al caso di «incapacitazione» disposta con decreto del giudice tutelare successivo al decreto istitutivo dell’amministrazione di sostegno.3.3. Attività negoziale dell’incapace.L’articolo 428 del codice civile. Riguardo all’attività negoziale dell’incapace, si segnalano le modifiche apportate all’articolo 428 del codice civile, che – come noto – costituisce il rimedio azionabile in ordine al compimento, da parte dell’incapace, di atti e di contratti per sé pregiudizievoli.
La norma mantiene la propria collocazione nel capo II del titolo XII del libroprimo del codice civile, intitolato (nella presente proposta) «Della incapacità naturale».
Rispetto a quella vigente, la nuova formulazione della norma si differenzia, innanzitutto, per il venir meno, nel primo comma, dell’inciso «anche se non interdetto», divenuto pleonastico. Soprattutto rilevante è la riunione – nel medesimo primo comma – delle due fattispecie di annullamento oggi contemplate distintamente nel primo e nel secondo comma con riguardo rispettivamente agli atti e ai contratti: in entrambi i casi, è necessario e sufficiente che ricorra il grave pregiudizio per l’incapace, mentre non è più richiesto – per i contratti – l’ulteriore presupposto della «mala fede» (da intendere come consapevolezza della condizione di incapacità) dell’altro contraente.
È apparsa questa la soluzione maggiormente adeguata a favorire la protezione dell’incapace eliminando, al tempo stesso, il deterrente alla conclusione di contratti con l’incapace naturale indotta, nel sistema vigente, dalla possibilità di annullamento sul mero presupposto della prova della mala fede. Quanto alla «gravità» del pregiudizio necessario per l’annullamento dell’atto o del contratto, è utile sottolineare come la valutazione di essa dovrà essere condotta dall’interprete tenendo conto di tutte le particolarità del caso concreto, e, dunque, con un approccio orientato a prendere in considerazione le esigenze e la realtà di vita propria dell’autore dell’atto, oltreché le motivazioni concrete che l’hanno determinato a compierlo.

Si pensi, per esempio, all’alienazione – da parte dell’incapace – di un immobile a un prezzo sostanzialmente inferiore rispetto al suo valore di mercato, ove, tuttavia, emerga che egli si era indotto alla vendita per l’assoluta necessità e urgenza di disporre di somme di denaro ai fini della propria sussistenza.
È parsa, pertanto, soluzione adeguata quella di conservare la formula vigente di «grave pregiudizio» la quale, proprio in quanto sufficientemente ampia, demanda al giudice la valutazione in concreto dei caratteri del pregiudizio, sulla base di un apprezzamento di fatto a lui riservato (Cassazione, sentenze n. 10577 del 1990, n. 2499 del 1984 e n. 795 del 1979).3.3.1. Contratto in generale.L’articolo 1425 del codice civile. Le modifiche concernenti l’articolo 428 del codice civile si riflettono sull’articolo 1425 del medesimo codice, norma specificamente dedicata all’annullabilità del contratto per incapacità delle parti, e inserita nel libro quarto, titolo II, del codice («Dei contratti in generale»).
Conseguentemente, vale la pena di sottolineare come la disposizione dell’attuale secondo comma dell’articolo 1425, pur rimanendo inalterata nella sua formulazione, sarà applicabile alle medesime condizioni poste dall’articolo 428.
È invece modificato il primo comma dell’articolo 1425, laddove fa riferimento alla parte «legalmente incapace», dato che – come già visto – per effetto della soppressione dell’interdizione e dell’inabilitazione, la categoria dell’incapacità legale di agire si riduce alla sola fattispecie della minore età; dunque, il primo comma è riformulato sostituendosi alla locuzione «legalmente incapace di contrattare» la parola «minore».
Contemplata così l’annullabilità del contratto concluso dal minore, e di quello concluso dall’incapace naturale, restava da disciplinare l’ipotesi del contratto concluso direttamente dal beneficiario di amministrazione di sostegno nonostante la propria «incapacitazione», ossia nei casi in cui, per disposizione del giudice tutelare, sia a questi impedito il compimento di qualche attività negoziale.
È stato così introdotto un nuovo secondo comma dell’articolo 1425, contemplante l’annullabilità del contratto concluso dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia stabilito il divieto di compiere attività negoziale.

L’articolo 1442, secondo comma, del codice civile. Anche la disciplina dellaprescrizione dell’azione di annullamento del contratto subisce alcune variazioni.
Scompare, in primo luogo, il riferimento all’incapace legale di agire, sostituito da quello al minore d’età, mentre è inserita la previsione concernente l’ipotesi del contratto concluso dal beneficiario di amministrazione di sostegno, nonostante la propria «incapacitazione». Si prevede, così, relativamente alla fattispecie di nuova previsione, che la prescrizione relativa all’azione di annullamento del contratto decorre dal venir meno dell’impedimento a contrarre stabilito dal giudice tutelare.3.3.2. Singoli contratti.Sono, quindi, introdotte alcune modifiche relative a specifiche figure contrattuali.L’articolo 1626 del codice civile. Relativamente alle cause di scioglimento del contratto di affitto, scompaiono dalla norma i riferimenti (contenuti nella rubrica e nel testo) all’interdizione e all’inabilitazione, e rimane contemplata, quale unica causa di scioglimento del contratto, l’insolvenza dell’affittuario. Occorre precisare che riguardo all’insolvenza si era pensato, inizialmente, di prevedere la possibilità di nomina di un amministratore di sostegno al contraente insolvente che si trova nelle condizioni previste dall’articolo 404 del codice civile. Ciò in considerazione del fatto che l’insolvenza potrebbe anche dipendere da condizioni di immobilità, reticenza od ostilità della persona, superabili mediante il ricorso alla misura di protezione. Si è scelto, alla fine, di non inserire una disposizione che risulta, tutto sommato, superflua, dato che la possibilità di nomina (anche in tal caso) dell’amministratore di sostegno si ricava dalla disciplina generale dell’istituto.L’articolo 1722 del codice civile. Anche per il mandato, come per il contratto di affitto, vengono meno le cause di scioglimento costituite da interdizione e inabilitazione del mandante o del mandatario; scompaiono, di conseguenza, i riferimenti ai vecchi istituti contenuti nella disposizione.

L’articolo 1833 del codice civile. Anche riguardo al rapporto di conto corrente, vengono meno la previsione dello scioglimento del rapporto contrattuale per interdizione o inabilitazione di una delle parti e i conseguenti riferimenti testuali agli istituti soppressi.3.3.3. Pagamento e indebito.Si impongono alcuni rilievi per quanto concerne una serie di disposizioni (poche in verità) del codice civile, nelle quali appare il riferimento testuale alle nozioni di «incapace» e di «incapacità».
Si tratta di disposizioni che sono mantenute inalterate nella loro formulazione, nonostante le suddette nozioni di «incapace» e «incapacità», in esse contenute, debbano – nel nuovo assetto – essere intese in un significato diverso.
Per meglio dire, tali termini andranno a identificare, oltre al soggetto minore d’età, anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno che sia stato «incapacitato» dal giudice tutelare riguardo al compimento di uno o più atti.Gli articoli 1190 e 1191 del codice civile. Più specificamente, «incapace» ai sensi degli articoli 1190 e 1191 del codice civile, dovrà essere considerato anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno riguardo al quale il giudice tutelare abbia posto un divieto di ricevere o di effettuare pagamenti.

L’articolo 1993 del codice civile. Considerazioni analoghe valgono per quanto concerne l’opponibilità dell’eccezione fondata sulla propria incapacità, da parte del debitore di un titolo di credito: in altri termini, anche il beneficiario di amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare avesse stabilito il divieto di emettere assegni, potrà opporre al possessore del titolo il difetto di capacità derivante dal predetto intervento incapacitante.

L’articolo 2039 del codice civile. Analoghe considerazioni valgono in relazione all’articolo 2039 del codice civile.

3.3.4. Titoli di credito.L’articolo 1993 del codice civile. Coerentemente con la nuova formulazione dell’articolo 428 del codice civile, si prevede che il debitore possa opporre al possessore del titolo di credito l’eccezione fondata sulla propria incapacità soltanto in presenza di un grave pregiudizio che gli derivi dall’emissione del titolo. La previsione è inserita in un secondo comma di nuova formulazione.
Si rinvia a quanto esposto al paragrafo 3.3.3. per quanto riguarda il significato del termine «incapacità».3.4. Atti «personalissimi».Ulteriore ambito toccato dalla presente proposta di legge è quello degli atti denominati «personalissimi» (seppure tale denominazione debba considerarsi impropria, non ravvisandosi tale categoria nell’ordinamento privatistico). Con tale locuzione la dottrina fa riferimento a quegli atti mediante i quali la persona esercita diritti afferenti la sfera personale-affettiva propria del soggetto che li pone in essere e che, in quanto tali, sono di stretta competenza del titolare dell’interesse che essi tendono a soddisfare. In relazione al compimento di tali atti, di conseguenza, non è ammessa, in via generale, alcuna forma di sostituzione.
Si annoverano tra tali atti il matrimonio, il riconoscimento del figlio naturale, l’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale, il disconoscimento del figlio legittimo, il testamento, la donazione.
Tali atti – il cui compimento è impedito alla persona interdetta – potranno, a seguito della soppressione dell’istituto, essere compiuti dalla persona disabile.
Il principio orientatore che viene accolto diviene quello della piena capacità di agire e, dunque, della possibilità di compiere l’atto, salvo che, rispetto ad esso, la persona sia «incapacitata» – nel proprio esclusivo interesse – da parte del giudice tutelare; ipotesi questa verificabile con riguardo al soggetto che sia beneficiario di amministrazione di sostegno e sulla base di una valutazione del giudice tutelare rispondente, in via esclusiva, all’interesse della persona: tale nuovo assetto viene realizzato mediante una serie di disposizioni sparse nel codice civile e con la disposizione di chiusura contenuta nel nuovo quarto comma dell’articolo 411 del codice civile.
Soluzione intermedia, la quale è contemplata (come vedremo meglio nel seguito) in relazione ad alcuni degli atti di natura personale, e sempre con riferimento al beneficiario di amministrazione di sostegno, è la previsione della possibilità di compiere l’atto con l’assistenza e l’affiancamento (non sostituzione) dell’amministratore di sostegno (così, nel caso del disconoscimento di paternità, del riconoscimento di figlio naturale, dell’impugnazione di detto riconoscimento, e via dicendo). Va precisato, sul punto, che tale soluzione non pare contrastare con la natura di tali atti, dato che questi sono posti in essere dal beneficiario, mentre l’assistenza dell’amministratore di sostegno si giustifica come sistema di «tutoraggio» e di accompagnamento al compimento dell’atto. La dottrina ha parlato, a tale riguardo, di «attività di ausilio e aiuto in un processo che rimane essenzialmente di autodeterminazione» (L. Balestra, Familia, 2005, p. 659).
La disciplina concernente il compimento di ogni singolo atto o azione di natura personale, da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, è stata inserita nell’ambito delle specifiche e rispettive disposizioni codicistiche vigenti.

3.4.1. Matrimonio.L’articolo 85 del codice civile. Riguardo al matrimonio viene meno, con il nuovo articolo 85 del codice civile, il divieto – riferito all’interdetto – di sposarsi: il disabile conserva, pertanto, la piena sovranità in ordine alla decisione di contrarre matrimonio.
La norma è totalmente riformulata e riferita al divieto di contrarre matrimonio per il beneficiario dell’amministrazione di sostegno.
Più in particolare, si prevede che il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, possa disporre il divieto per il beneficiario di contrarre matrimonio: il criterio orientatore per il giudice è rappresentato dalla considerazione esclusiva dell’interesse del beneficiario.
Ci si è domandati, con riferimento a tale previsione, se fosse ammissibile e legittimo prevedere la possibilità di una limitazione al compimento dell’atto «personalissimo» per eccellenza; la scelta favorevole è stata suggerita dalla considerazione che, in certi casi, peraltro non del tutto sporadici nell’epoca attuale, è doveroso salvaguardare la persona beneficiaria della misura di protezione dal rischio di conseguenze pregiudizievoli che le potrebbero derivare, specie sul piano patrimoniale, da un matrimonio azzardato e un po’ bizzarro (quello, ad esempio, dell’anziano o del disabile con la giovanissima badante, specie in presenza di consistenti patrimoni).      L’articolo 102 del codice civile. Di qui le modifiche alla previsione dell’articolo 102, quinto comma, del codice civile riguardo all’opposizione al matrimonio su iniziativa del pubblico ministero: tale iniziativa è espressamente contemplata come doverosa anche per l’ipotesi di divieto matrimoniale stabilito ai sensi dell’articolo 85 del codice civile.

L’articolo 119 del codice civile. Relativamente, poi, alla legittimazione a impugnare il matrimonio contratto in violazione del divieto previsto dall’articolo 85 del codice civile, il nuovo testo dell’articolo 119 del medesimo codice contempla, oltre ai soggetti che già figurano nella formulazione vigente, anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno destinatario del divieto, nonché l’amministratore di sostegno. Il secondo comma dell’articolo è conseguentemente modificato, prevedendosi che l’impugnazione del matrimonio non sia più possibile se vi sia stata coabitazione per un anno dopo la revoca del divieto previsto dall’articolo 85 del codice civile.

L’articolo 120 del codice civile. Si tratta della disposizione invocabile da quello dei coniugi che intenda impugnare il proprio matrimonio poiché contratto in condizioni di incapacità di intendere e di volere. Dalla disposizione scompare la locuzione «quantunque non interdetto» che diviene pleonastica per effetto della soppressione dell’interdizione.

L’articolo 126 del codice civile. La sola modifica relativa a detta norma concerne l’eliminazione del riferimento agli interdetti.

L’articolo 166 del codice civile. Per quanto riguarda, poi, il compimento – al momento del matrimonio – di atti a contenuto e di rilievo patrimoniale, quali stipulazioni e donazioni, l’articolo 166 del codice civile prevede l’applicabilità dell’articolo 409 del medesimo codice e, dunque, l’eventuale limitazione della possibilità di agire del beneficiario, riguardo a tali atti, in quanto siano riservati dal giudice tutelare all’assistenza necessaria o alla rappresentanza esclusiva dell’amministratore.L’articolo 183 del codice civile. Riguardo all’amministrazione dei beni comuni, l’interdizione (venendo meno) non costituirà più causa di esclusione del coniuge dall’amministrazione. È, pertanto, abrogato il terzo comma dell’articolo 183.L’articolo 193 del codice civile. La separazione giudiziale dei beni tra coniugi non potrà più essere pronunziata in caso di interdizione o di inabilitazione (i cui riferimenti scompaiono dal primo comma della norma) ma soltanto in caso di cattiva amministrazione.
A tale ipotesi viene aggiunta quella ulteriore, introdotta ex novo con un terzo comma, in cui vi sia pericolo per gliinteressi dell’altro coniuge o della comunione o della famiglia, tenuto conto degli impedimenti stabiliti dal giudice tutelare con riguardo al coniuge beneficiario di amministrazione di sostegno, ai sensi dell’articolo 409 del codice civile.3.4.1.a. Separazione e divorzio.Si rende opportuna una precisazione in riferimento agli istituti della separazione e del divorzio, i quali rivestono, a loro volta, alla stessa stregua del matrimonio, natura di atti personali. Anche in relazione a tali atti si pone il problema della disciplina applicabile in caso di disabilità di uno dei coniugi.
Coerentemente alla scelta operata relativamente all’istituto matrimoniale, e tenendo conto della finalità propria della separazione e del divorzio, si è ritenuto di conservare intatta, in via generale, la capacità di agire dell’interessato, senza limitazioni di sorta, e, dunque, senza neppure la possibilità di un impedimento speculare a quello dell’articolo 85 del codice civile; la scelta separativa e le determinazioni ad essa correlate, infatti, costituiscono oggetto di un diritto assolutamente irrinunciabile.
D’altra parte, non può escludersi, a priori, la possibilità che l’interessato/beneficiario dell’amministrazione di sostegno possa essere utilmente affiancato e coadiuvato dall’amministratore, relativamente all’assunzione delle decisioni che lo riguardano e agli atti, anche processuali, da compiersi.
Pertanto, pur avendo scelto di non introdurre espressamente tale previsione, la quale può ritenersi già contenuta nel sistema delineato dalla riforma della legge n. 6 del 2004, si evidenzia la possibilità di formulare due ulteriori disposizioni (nella disciplina della separazione personale dei coniugi, che potrebbe essere collocata nell’articolo 150 del codice civile, e nella disciplina del divorzio, ad esempio introducendo un nuovo comma dell’articolo 4 della legge n. 898 del 1970) contemplanti espressamente la possibilità di affiancamento e di assistenza dell’amministratore di sostegno.3.4.2. Filiazione.Anche in materia di filiazione l’opzione accolta è di conservare la sovranità della persona riguardo al compimento dell’atto o all’esercizio dell’azione.
Anche in questo caso è prevista la possibilità che il giudice tutelare disponga per il beneficiario dell’amministrazione di sostegno il divieto al compimento dell’atto.
Oltre a ciò, e in alternativa al divieto dell’atto, è prevista la possibilità che il giudice tutelare ne autorizzi il compimento con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
Data la natura personalissima dell’atto/azione non sarà comunque consentita, in nessun caso, l’attribuzione all’amministratore di sostegno di compiti di rappresentanza esclusiva.
L’eventuale incapacitazione all’atto, così come per il matrimonio, significherà, pertanto, impossibilità assoluta di compiere l’atto stesso, non delegabile a terzi soggetti, ciò che, in ogni caso, potrà essere stabilito dal giudice tutelare soltanto nell’esclusivo interesse del beneficiario.Gli articoli 244 e 245 del codice civile. Relativamente al disconoscimento di paternità è aggiunto, nell’articolo 244 del codice civile, un quinto comma, prevedendo che nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare possa disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere azione di disconoscimento. Il giudice tutelare potrà comunque prevedere che l’azione sia esercitabile con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
Con riferimento all’articolo 245 del codice civile (modificato dall’articolo 19 del decreto legislativo n. 154 del 2013), riguardante la sospensione del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di disconoscimento qualora l’interessato al disconoscimento sia interdetto o versi in condizioni di grave abituale infermità di mente, viene eliminato il riferimento alla condizione di interdizione e viene aggiuntoun nuovo comma contenente la previsione della legittimazione attiva dell’amministratore di sostegno nell’ipotesi in cui l’interessato sia beneficiario di amministrazione di sostegno.
Pur prescindendosi, qui, dal proporre una disposizione in tal senso, si segnala la possibilità di prevedere che il giudice del procedimento di disconoscimento possa disporre la trasmissione degli atti al giudice tutelare per la nomina di un amministratore di sostegno, qualora gli consti la condizione di incapacità di intendere e di volere di una delle parti. Tale previsione troverebbe fondamento nell’esigenza di assicurare all’incapace lo strumento di salvaguardia rappresentato, appunto, dall’assistenza dell’amministratore di sostegno.

L’articolo 247 del codice civile. Disposizione analoga a quella dell’articolo 244, quinto comma, è inserita nell’articolo 247, terzo comma, del codice civile, con la sola differenza che qui, venendo in considerazione la posizione della parte convenuta nel giudizio di disconoscimento, non potrebbe ipotizzarsi alcun impedimento da parte del giudice tutelare, ma soltanto l’affiancamento/assistenza dell’amministrato- re di sostegno.
È, pertanto, previsto che con il provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare possa disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, che la partecipazione del medesimo al giudizio si svolga con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
Da segnalare, altresì, la soppressione dei riferimenti alla condizione di interdetto e di inabilitato e l’accorpamento, nel secondo comma, della condizione di minore e di minore emancipato, assoggettati alla medesima disciplina.

L’articolo 266 del codice civile. L’articolo 266 del codice civile che nel testo vigente disciplina l’impugnazione del riconoscimento fatto dall’interdetto, è riformulato e riferito al beneficiario «incapacitato». Più esattamente, la nuova disposizione prevede che, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare possa disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di riconoscere il figlio naturale; salva, anche qui, la possibilità di stabilire, da parte del giudice tutelare, che il riconoscimento sia effettuato con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.

L’articolo 273 del codice civile. Relativamente all’esercizio dell’azione per l’accertamento giudiziale della filiazione naturale, è eliminata la previsione contenuta nel terzo comma dell’articolo 273 del codice civile relativa all’esercizio dell’azione da parte del tutore dell’interdetto.
Il terzo comma della norma è riformulato con riferimento al beneficiario di amministrazione di sostegno, nei confronti del quale viene previsto che il giudice tutelare possa disporre il divieto di esercizio dell’azione o stabilire che la stessa possa essere esercitata con l’assistenza dell’amministratore di sostegno; anche qui, come in tutte le altre fattispecie sopra considerate, il criterio orientatore della scelta del giudice è rappresentato dalla valutazione, in via esclusiva, dell’interesse del beneficiario.3.4.2.a. Adozione di minore d’età.Si rende opportuna, da ultimo, una precisazione relativamente alla disciplina dell’adozione.
La sola norma della legge sulle adozioni (legge n. 184 del 1983) facente riferimento a una condizione di incapacità dell’adottante è quella contenuta nell’articolo 25, in base al quale, peraltro, l’incapacità non osta all’adozione. Dispone, infatti, l’articolo 25, comma 4: «Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l’affidamento preadottivo, l’adozione, nell’interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell’altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della morte».
Resta esclusa, pertanto, la necessità di apportare modificazioni alla disposizione vigente.3.4.3. Accettazione di eredità.L’articolo 471 del codice civile. La norma è riformulata prevedendo, nel terzo comma, l’accettazione di eredità da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno.
Più esattamente, in base a tale disposizione, il giudice tutelare può disporre che l’accettazione dell’eredità sia compiuta dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Incontreremo una previsione corrispondente in tema di manifestazione del rifiuto all’accettazione di un legato (articolo 650) e relativamente all’accettazione della donazione (articolo 779).
In entrambi i casi, tale forma di «incapacitazione» del beneficiario si traduce, di fatto, in un «fare sostitutivo» dell’amministratore di sostegno imposto dall’inerzia o dal rifiuto dell’interessato, nei casi in cui l’immobilismo di questi risulti per sé pregiudizievole, sulla base di una valutazione del giudice tutelare finalizzata all’esclusiva salvaguardia dell’interesse della persona disabile.
È fatta salva, ulteriormente, la possibilità che il giudice tutelare preveda l’assistenza dell’amministratore, così come per gli altri atti di natura personale, ciò che rappresenta espressione della soluzione intermedia riguardo a tale categoria di atti, consistente, appunto, nell’affiancamento dell’amministratore di sostegno quale ausilio al compimento dell’atto.
L’articolo 471 del codice civile è altresì integrato nel senso che l’accettazione con beneficio di inventario è contemplata come obbligatoria oltreché per i soggetti minori d’età, anche per il beneficiario di amministrazione di sostegno; d’altra parte, è ulteriormente prevista la possibilità che il giudice tutelare, con decreto motivato, autorizzi l’accettazione pura e semplice, tenendo conto delle condizioni patrimoniali del beneficiario e delle circostanze del caso concreto. Tale ultima previsione è formulata nel secondo comma nell’articolo 471.

L’articolo 472 del codice civile. Dalla norma scompare il riferimento agli inabilitati, riferendosi ora ai soli minori emancipati.

L’articolo 489 del codice civile. Ulteriore disposizione di salvaguardia, sempre con riferimento all’accettazione dell’eredità da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, è contenuta nell’articolo 489, prevedendosi che questi non decada dal beneficio d’inventario (allo stesso modo di quanto già stabilito per il minore d’età) se non decorso un anno dalla cessazione della misura di protezione.3.4.4. Testamento.L’articolo 591 del codice civile. Riguardo alle disposizioni regolanti la capacità di fare testamento, una prima modifica riguarda l’eliminazione del riferimento all’interdetto, contenuta nel testo vigente dell’articolo 591, secondo comma, numero 2). Tale previsione è sostituita da quella concernente la figura del beneficiario di amministrazione di sostegno il quale sia stato «incapacitato» a testare.
È apparso, poi, opportuno abrogare il primo comma, dato che l’incapacità a testare può riguardare, come appena visto, anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, il quale, quando impedito a fare testamento da parte del giudice tutelare non è inquadrabile, propriamente, tra i soggetti «dichiarati incapaci dalla legge» cui si riferisce testualmente il vigente primo comma.L’articolo 591-bis del codice civile. Al fine di ridurre al minimo i limiti alla sovranità testamentaria, si prevede, nell’articolo 591-bis, la possibilità che anche il beneficiario di amministrazione di sostegno «incapacitato», relativamente a tale atto, possa ciò nonostante disporre per testamento, secondo alcune modalità e con le garanzie che sono specificamente indicate.
L’articolo 591-bis ha comunque una portata più ampia, consentendo – in via generale – di disporre per testamento allepersone che si trovino nelle condizioni giustificanti l’attivazione della nuova misura di protezione; le modalità contemplate dalla disposizione apprestano, infatti, strumenti di salvaguardia del testatore e dei suoi interessi patrimoniali.
Per tale via – ulteriore aspetto da considerare – anche il soggetto in difficoltà potrà fare testamento evitando il rischio di un’impugnazione ai sensi dell’articolo 591, terzo comma.
Come risulta chiaramente dal tenore della disposizione, è previsto, in primo luogo, che il testamento debba essere redatto con l’ausilio di un amministratore di sostegno, sulla base di scelta rimessa al giudice tutelare, e sotto la diretta sorveglianza di questo.
Al giudice tutelare è, poi, riservata la determinazione delle opportune modalità di compimento dell’atto, compresa l’eventuale adozione della forma del testamento pubblico o l’eventuale intervento di un esperto.      L’articolo 596 del codice civile. La norma, riferentesi, nel testo vigente, al divieto di disposizioni testamentarie della persona sottoposta a tutela in favore del tutore, è conservata ma riferita al beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

3.4.5. Legati.L’articolo 650 del codice civile. Come noto, il legato si acquista, ai sensi dell’articolo 649 del codice civile, senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare.
Di conseguenza, l’atto che rileva in tale ambito è la volontà di rinunziare al legato, tanto che l’articolo 650 del codice civile contempla la fissazione di un termine, in via giudiziale e su richiesta dell’interessato, entro il quale il chiamato esprima l’eventuale proprio rifiuto del legato.
Con riferimento all’amministrazione di sostegno, allora, la salvaguardia dell’interesse del beneficiario-legatario potrebbe richiedere, da un lato, l’assistenza dell’amministratore nella scelta e nella dichiarazione di rifiuto del legato, e, ulteriormente, la sostituzione dell’amministratore stesso al fine di esprimere la scelta di rifiuto, qualora – nell’inerzia del beneficiario – tale rifiuto si renda necessario per salvaguardare il suo interesse.
È, pertanto, introdotta una disposizione speculare a quella dell’articolo 471, secondo comma, e – come vedremo – a quella dell’articolo 779 del codice civile, relativamente alla donazione, nella quale viene contemplata quella particolare forma di «incapacitazione» da parte del giudice tutelare, consistente nell’imposizione del «fare sostitutivo» dell’amministratore di sostegno, per fronteggiare – sempre nell’esclusivo interesse del beneficiario – l’immobilismo di questi a sé pregiudizievole.3.4.6. Donazione.Riguardo alla donazione, valgono le considerazioni svolte a proposito del testamento; di conseguenza, le modifiche introdotte sono sovrapponibili a quelle apportate alla disciplina testamentaria, salva – in relazione ad alcune norme – la diversità di formulazione che, già presente nel testo vigente, si è cercato di conservare onde evitare eccessivi stravolgimenti.L’articolo 774 del codice civile. Quanto sopra vale, così, per l’articolo 774, concernente la capacità di donare, norma che riproduce, sostanzialmente, la previsione dell’articolo 591 del codice civile: l’incapacità di fare donazione investe, così, il minore d’età e il beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia stabilito il divieto di fare donazione; in entrambi i casi con le rispettive eccezioni contemplate dalla norma.
Tra le eccezioni al divieto di donare, spicca – così come già visto a proposito del testamento (articolo 591-bis del codice civile) – l’apertura introdotta dall’articolo 775-bis riguardo al beneficiario dell’amministrazione di sostegno «incapacitato» rispetto a tale atto e, più in generale, riguardo al disabile.

L’articolo 775 del codice civile. La medesima apertura, ovvero la possibilità di fare donazione con le garanzie e le modalità contemplate nell’articolo 775-bis è altresì prevista dall’articolo 775 del codice civile relativamente all’incapace naturale.L’articolo 775-bis del codice civile. Come già anticipato, tale norma – di nuova formulazione – introduce, anche a proposito della donazione, le previsioni dell’articolo 591-bis, del codice civile, relative alla capacità testamentaria del beneficiario di amministrazione di sostegno, rendendo possibile la donazione anche al disabile e al beneficiario impedito a tale atto dal giudice tutelare.
La ratio di simile disposizione va ravvisata, ancora una volta, nella necessità di limitare il meno possibile la sovranità del disabile riguardo ad atti aventi un indubbio e rilevante valore personale.
È così previsto che anche il beneficiario di amministrazione di sostegno «incapacitato» relativamente a tale atto dal giudice tutelare, e, più in generale, le persone che si trovino nelle condizioni legittimanti l’attivazione della nuova misura di protezione, possano donare i propri beni, secondo le modalità e con le garanzie ivi contemplate.
Per tale via – ulteriore aspetto da considerare – anche l’incapace naturale potrà fare donazione evitando conseguentemente il rischio di un’impugnazione ai sensi dell’articolo 775 del codice civile.
Come risulta chiaramente dal tenore della disposizione, è previsto, in primo luogo, che l’atto di donazione debba essere redatto con l’ausilio di un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare, e sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare.
Al medesimo giudice è, poi, riservata la determinazione delle opportune modalità di compimento dell’atto, compreso l’eventuale intervento di un esperto.

L’articolo 776 del codice civile. La norma è abrogata poiché relativa alla donazione dell’inabilitato.

L’articolo 777 del codice civile. La norma è modificata con la sostituzione del termine «genitori» a «padre», e con la sostituzione di «minore» a «persona incapace».L’articolo 779 del codice civile. Tale disposizione è sostituita dall’accettazione della donazione da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Specularmente a quanto è previsto nella nuova formulazione dell’articolo 471 del codice civile (in merito all’accettazione dell’eredità) e nel nuovo testo dell’articolo 650 del codice civile (riguardo al rifiuto del legato), si prevede la possibilità che l’accettazione della donazione sia effettuata – per disposizione del giudice tutelare – dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Tale soluzione si spiega, ancora una volta, con la necessità di fronteggiare l’inerzia o il rifiuto del beneficiario che risulti contrastante con il proprio interesse.
Soluzione intermedia attivabile, anche qui, come nei casi considerati sopra dell’accettazione di eredità e del rifiuto di accettazione del legato, è poi quella dell’assistenza dell’amministratore di sostegno.3.5. Un nuovo istituto: il patrimonio con vincolo di destinazione.Gli articoli 692-697 del codice civile. Come già illustrato, la sostituzione fedecommissaria è soppressa, in considerazione del venir meno dell’interdizione, presupposto necessario – nel sistema vigente – a legittimare l’attivazione dell’istituto (specificamente finalizzato ad assicurare assistenza al discendente o al coniuge interdetto, per il tempo successivo al venir meno dei propri stretti congiunti).
Correlativamente, è introdotto – nell’interesse del beneficiario dell’amministrazione di sostegno – il nuovo istituto del «patrimonio con vincolo di destinazione», regolamentato negli articoli 692-697 del codice civile.
Si era posto il dubbio se collocare la disciplina del nuovo istituto al di fuori del libro secondo del codice civile, in considerazione del fatto che il patrimonio con vincolo di destinazione non ha propriamente natura successoria, potendo essere costituito anche per atto tra vivi, ed essendo finalizzato a favorire l’autosufficienza economica del beneficiario dell’amministrazione di sostegno nell’espletamento degli atti della vita quotidiana. Considerato, peraltro, che, allorché costituito per atto mortis causa, il nuovo istituto assume natura successoria, è apparso utile e opportuno collocarne la disciplina nello spazio lasciato libero dalla soppressione del fedecommesso; di conseguenza, nella nuova formulazione, l’articolo 692 del codice civile indica la possibilità della costituzione del patrimonio con vincolo di destinazione, a favore del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, mentre gli articoli successivi contengono la regolamentazione specifica dell’istituto.3.6. Responsabilità civile dell’incapace.Gli articoli 2046 e 2047 del codice civile. La presente proposta di legge contiene, altresì, una modifica riguardo alla disciplina della responsabilità civile dell’incapace naturale, già presente nella bozza Cendon del 1986.
Alla nuova regola di responsabilità dell’incapace per l’illecito commesso, si associa, peraltro, la previsione della possibilità di un apprezzamento equitativo, da parte del giudice, in ordine al quantum respondeatur.
Al canone della totale irresponsabilità è, dunque, sostituito quello della responsabilità dell’incapace naturale, con il correttivo della possibile graduazione in considerazione della gravità della sua condizione, dell’età (parametro quest’ultimo da utilizzarsi essenzialmente con riferimento al danno arrecato da soggetti minori d’età), e delle condizioni economiche delle parti.
Dopo avere così stabilito, nel primo comma dell’articolo 2046 del codice civile, che «risponde del danno anche la persona che non aveva la capacità d’intendere o di volere al momento in cui lo ha cagionato», il secondo comma – di nuova formulazione – aggiunge: «salvo il caso in cui l’incapacità derivi da colpa dell’autore, il giudice può moderare l’ammontare del risarcimento al quale questi è tenuto, in considerazione delle circostanze del caso, con particolare riguardo all’età, alla gravità dello stato d’incapacità e alle condizioni economiche delle parti».
In definitiva, sul piano pratico, la soluzione proposta non pare discostarsi molto da quella vigente: da un sistema imperniato su un principio generale di irresponsabilità, corretto dalla previsione di un’equa indennità che il giudice può stabilire in favore della vittima (nel vigente secondo comma dell’articolo 2047 del codice civile), si passa a un sistema incardinato su un principio generale di responsabilità dell’incapace, corretto dalla facoltà del giudice di moderare, in via equitativa, l’ammontare del risarcimento dovuto.
Il rilievo della proposta va, in effetti, ravvisato nel mutamento di prospettiva nella considerazione del soggetto incapace.
Per quanto, poi, riguarda la responsabilità del sorvegliante dell’incapace di cui all’articolo 2047 del codice civile, come modificato dalla presente proposta di legge, questa da vicaria diviene solidale, e ciò in corrispondenza alla diretta responsabilità alla quale è chiamato l’incapace.
Per il resto, allo stesso modo che nel sistema vigente, il sorvegliante potrà liberarsi da responsabilità provando di non avere potuto impedire il fatto.

3.7. Impresa. L’articolo 2198 del codice civile. Riguardo all’esercizio dell’impresa, sono apportate all’articolo 2198 del codice civile le seguenti due modifiche:a) da un lato, la necessità di autorizzazione all’esercizio dell’impresa commerciale rimane contemplata soltanto per il soggetto minore d’età;b) in secondo luogo, l’iscrizione nel registro delle imprese è previsto anche per i provvedimenti del giudice tutelare concernenti l’esercizio dell’impresa commercialeda parte o nell’interesse del beneficiario di amministrazione di sostegno.3.8. Società.Gli articoli 2286, primo comma, e 2294, del codice civile. Nella disciplina dell’esclusione del socio dalla società di persone, contenuta nell’articolo 2286 del codice civile, è abolita la causa di esclusione costituita dallo stato di interdetto o di inabilitato; viene, d’altra parte, introdotta la causa di esclusione rappresentata dall’impedimento che il giudice tutelare abbia stabilito a carico del beneficiario dell’amministrazione di sostegno a prendere parte, come socio, alla società.
Dall’articolo 2294 del codice civile, relativo alle disposizioni da osservarsi per la partecipazione dell’incapace ad una società in nome collettivo, è soppresso il riferimento alle norme abrogate degli articoli 424 e 425.L’articolo 2382 del codice civile. Modifiche corrispondenti a quelle appena considerate a proposito della società in nome collettivo, sono introdotte relativamente alle funzioni di amministratore in una società di capitali. Più in particolare, lo stato di interdizione non costituisce più causa di ineleggibilità o di decadenza dalle funzioni di amministratore, mentre è espressamente introdotta l’ipotesi di ineleggibilità del beneficiario di amministrazione di sostegno che sia stato «incapacitato» dal giudice tutelare riguardo a cariche societarie.3.9. Limitata capacità di agire del minore d’età.Il nuovo quadro normativo che viene a prospettarsi è caratterizzato – come visto – dal consistente assottigliarsi della categoria della incapacità legale di agire, con il restringersi di essa ai soli soggetti minori d’età, relativamente ai quali la disciplina codicistica della potestà genitoriale e della tutela rimane pressoché invariata.
Ciò nonostante, il mutamento di prospettiva qui delineato a proposito dei soggetti incapaci d’intendere e di volere, con l’estensione dell’area del fare negoziale loro consentito rispetto all’assetto vigente, impone una riflessione riguardo alla disciplina concernente l’esercizio della potestà genitoriale e l’estensione della possibilità di agire degli stessi soggetti minori d’età.
Si tratta – va precisato – di correttivi suggeriti e, anzi, resi ormai indifferibili dall’indiscussa anticipazione del processo di maturazione cognitiva del minore, nell’epoca attuale, grazie anche ai progressi scientifici e culturali e all’evoluzione del costume sociale prodottisi negli ultimi decenni.L’articolo 316, sesto comma, del codice civile. Viene aggiunto, così, un sesto comma all’articolo 316 del codice civile contemplante la possibilità che il minore capace di discernimento possa compiere, in ogni caso, gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana.
La precisazione contenuta nell’ultima parte del nuovo comma, secondo cui «si tiene conto a tale fine dell’età, del grado di maturità del minore e della natura dell’atto da compiere», vale ad additare il criterio valutativo utilizzabile dall’interprete che si trovi a dover giudicare se l’atto posto in essere dal minore rientri o meno tra quelli consentiti.
Data, peraltro, l’ineliminabile varietà delle situazioni di vita quotidiana prospettabili, non era certamente possibile ancorare la possibilità di agire del minore a criteri di valutazione oggettivi e predeterminati ferma comunque l’utilità del riferimento all’età di dodici anni prevista dal testo vigente (come modificato dal decreto legislativo n. 154 del 2013).
Non va trascurato, d’altra parte, che la nuova disposizione potrebbe sortire effetti di ingessamento delle contrattazioni con soggetti minori d’età, dato il rischio di annullamento del contratto, nell’ipotesi di accertamento successivo della insussistenza delle condizioni legittimanti la conclusionedel negozio, da parte del minore. Soccorre, comunque, a tale proposito, la nuova formulazione degli articoli 428 e 1425 del codice civile, in base ai quali l’annullamento dell’atto e del contratto prescinde dalla mala fede dell’altro contraente, ed è consentito soltanto se risulti e sia accertato che dall’atto è derivato grave pregiudizio per il minore.      Gli articoli 382 e 384 del codice civile. Nella disciplina della tutela, poi, è introdotta una disposizione – speculare a quella dell’articolo 147 del codice civile – che estende al tutore del minore i compiti e le responsabilità genitoriali sul piano dell’educazione e dell’istruzione; e ciò al fine ultimo di offrire al minore assoggettato a tutela le medesime opportunità e possibilità di crescita e di sviluppo della personalità assicurate dall’articolo 147 del codice civile al minore assoggettato alla potestà genitoriale.
Conseguentemente, le due previsioni degli articoli 382 e 384 del codice civile, concernenti la responsabilità per danni e la rimozione dall’ufficio, a carico del tutore che abbia violato i propri doveri, sono arricchite e completate con il riferimento al dovere di assecondare aspirazioni, richieste e desideri del minore.3.10. Prescrizione.Gli articoli 2941 e 2942 del codice civile. Si segnalano, relativamente alla disciplina della prescrizione, le modifiche apportate agli articoli 2941 e 2942 del codice civile.
Nella prima di dette disposizioni è stabilito che la prescrizione rimane sospesa tra l’amministratore di sostegno e il beneficiario, finché non sia stato reso o approvato il conto finale.
L’articolo 2942 del codice civile, dedicato alla sospensione della prescrizione per la condizione del titolare, stabilisce che la sospensione ha luogo rispetto al beneficiario, riguardo agli atti riservati alla rappresentanza esclusiva dell’amministratore e per il tempo in cui si protrae la rappresentanza esclusiva.3.11. Disposizioni di attuazione del codice civile.Gli articoli 40 e 42 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Sono abrogate le due disposizioni di attuazione dedicate agli istituti soppressi.Gli articoli 47, 48 e 49 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Queste disposizioni sono modificate mediante l’eliminazione dei riferimenti agli istituti soppressi.3.12. Norme transitorie e di chiusura.Il passaggio delle consegne dall’ancien régime al nuovo sistema è affidato a due disposizioni transitorie, contenute negli articoli 70 e 71 della proposta di legge, onde consentire una sollecita attivazione della procedura per la nomina dell’amministratore di sostegno, relativamente ai giudizi di interdizione pendenti alla data di entrata in vigore della legge: prevede, così, la prima delle due norme transitorie, che il giudice del procedimento di interdizione o di inabilitazione pendente dispone, d’ufficio, la trasmissione degli atti al giudice tutelare; è data facoltà al medesimo giudice istruttore del giudizio pendente di adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell’articolo 405 del codice civile.
Per il caso di interdizione o di inabilitazione già pronunciate, alla data di entrata in vigore della legge, si prevede la revoca automatica del relativo status, con contestuale attivazione dell’amministrazione di sostegno, da parte del pubblico ministero (salva, comunque, la legittimazione attiva dell’interessato e dei soggetti legittimati ex articolo 406 del codice civile).
È altresì previsto che il tutore e il curatore assumano automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio, relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione, fino all’istituzione della misura di protezione, da parte del giudice tutelare.
Viene specificata, da ultimo, che il giudice tutelare provvede ai sensi degli articoli 404 e seguenti e adotta i provvedimenti urgenti ai sensi dell’articolo 405 del codice civile.

3.13. Disciplina processuale dell’amministrazione di sostegno.La presente proposta di legge contiene, poi, una serie di modifiche alle norme processuali (articoli 712 e seguenti del codice di procedura civile), che sono riformulate, in considerazione del venir meno degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione, e riferite al procedimento di amministrazione di sostegno.
Si rinvia al testo delle singole disposizioni, non senza sottolineare come l’intervento di maggior rilievo concerna la previsione della difesa tecnica del beneficiario, secondo quanto già illustrato per i casi in cui il giudice tutelare ritenga di introdurre divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona.L’articolo 407, quarto comma, del codice civile. Nella disposizione che è introdotta nell’articolo 407, con un quarto comma di nuova formulazione, si contempla la necessarietà della difesa tecnica del beneficiario, secondo quanto già illustrato per i casi in cui il giudice tutelare ritenga di introdurre divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona.
La disposizione del quarto comma dell’articolo 407 del codice civile rinvia alla disposizione dell’articolo 716, secondo comma, del codice di procedura civile (anch’essa introdotta ex novo) la quale prevede, appunto, che il giudice tutelare – in tali casi – debba invitare il beneficiario a nominare un difensore.

L’articolo 716, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile. Sono inseriti, nell’articolo 716 del codice di procedura civile, due commi di nuova formulazione, i quali prevedono che (in ogni fase del procedimento) il giudice tutelare, qualora, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, ritenga di stabilire divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona, debba invitare il beneficiario e l’amministratore di sostegno, anche provvisorio, a nominare un difensore.
Si è ritenuto opportuno precisare, poi, che, qualora l’interessato non provveda alla nomina di un difensore in un termine assegnatogli dal giudice tutelare, quest’ultimo potrà procedere, ciò nonostante, all’assunzione del provvedimento per il quale era contemplata la difesa tecnica.
Tale opzione è parsa la più idonea a evitare blocchi e ingessature dell’iter procedimentale, poiché si correrebbe altrimenti il rischio di vedere snaturata l’essenza stessa del nuovo sistema di protezione, improntato alle maggiori speditezza e snellezza possibili.
Per gli stessi motivi, si è scelto di non prevedere alcuna sanzione di nullità del provvedimento adottato o, addirittura, del procedimento, per l’eventualità in cui il giudice tutelare non abbia provveduto secondo i dettami dell’articolo 716, secondo comma, del codice di procedura civile. Una simile soluzione, infatti, comporterebbe seri rischi di ingessamento (e, infatti, quale sarebbe, in tal caso, la sorte del procedimento di amministrazione di sostegno?) e indurrebbe, con verosimile probabilità, un giudice tutelare, «eccessivamente» scrupoloso nel rispetto delle regole processuali, a ordinare la difesa tecnica anche in relazione a casi «dubbi» o per i quali, in realtà, non siano propriamente in gioco interessi fondamentali della persona.
La medesima riflessione vale per l’opposta ipotesi, in cui il giudice tutelare potrebbe scegliere di non «incapacitare» proprio al fine di evitare le complicazioni della nomina del difensore (e per scongiurare gli inevitabili rallentamenti che questa comporta, nello svolgimento dell’iter procedimentale) e per andare incontro alle «rimostranze» dell’interessato il quale non ne voglia sapere di rivolgersi a un avvocato. In definitiva, la direzione prescelta è quella di consentire e, anzi, istituzionalizzare la difesa tecnica, rimettendo, tuttavia, al giudice tutelare la valutazione,discrezionale ed equitativa (di buon senso) circa la necessità o meno di farvi ricorso.3.14. Interdizione legale.Il mettere mano alla scelta soppressiva riguardo all’interdizione giudiziale costituisce occasione propizia per la soppressione anche dell’interdizione legale, nonostante la sostanziale differenza di natura e di funzione dei due istituti.
Vale, forse, rammentare che l’interdizione legale, contemplata dall’articolo 19 del codice penale costituisce una pena accessoria, discendente automaticamente (di diritto) dalla sentenza di condanna, e che viene a coinvolgere (articolo 32 del codice penale) i soggetti condannati all’ergastolo ovvero alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni: una sanzione criminale, pertanto, che si presenta ex se, contra reum, ovvero afflittiva per il soggetto condannato.
La scelta soppressiva, anche riguardo a tale istituto penalistico, si impone, peraltro, per il doveroso rispetto dei princìpi costituzionali posti a salvaguardia della dignità della persona umana: ne fa solenne affermazione l’articolo 2 della Costituzione, laddove proclama che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo (compreso, quindi, il condannato), sia come singolo, sia nelle formazioni sociali (quindi anche il carcere) ove si svolge la sua personalità.
Né potrebbe sostenersi la diversa opinione in base alla quale l’interdizione legale andrebbe in ogni caso pronunciata automaticamente per i condannati alla pena detentiva perpetua ovvero a quella di lunga durata, essendo essi in vinculis, e perciò incapaci di provvedere ai propri interessi economici e personali.
Tale opinione non è plausibile, in primo luogo, relativamente alla pena dell’ergastolo, in quanto la Corte costituzionale stessa ne ha sottolineato il carattere di non più assoluta perennità, per effetto dell’applicabilità della liberazione condizionale e delle pene alternative, con conseguente parificazione dell’ergastolo, in un certo qual modo, alla pena detentiva temporanea.
Ma neppure con riferimento alla pena detentiva di lunga durata potrebbe valere l’argomento della incapacità del detenuto a provvedere ai propri interessi: ciò in quanto le condizioni giuridica e di esistenza materiale del detenuto non sono più quelle del 1930 del codice Rocco, essendo stato profondamente innovato il trattamento carcerario, sia con il nuovo ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni), sia con il nuovo regolamento penitenziario (decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230), comprese le cosiddette misure alternative alla detenzione ivi previste.

L’articolo 19 del codice penale. È abrogato il numero 3) del primo comma dell’articolo 19 del codice penale, contemplante, appunto, l’interdizione legale quale pena accessoria per i delitti.

L’articolo 32 del codice penale. Corrispondentemente, è modificato l’articolo 32 del codice penale, con l’effetto che l’interdizione legale non risulta più contemplata quale pena accessoria per il condannato all’ergastolo, così come per il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni.3.15. Disposizioni del codice di procedura penale.Gli articoli 144 e 222 del codice di procedura penale. La soppressione dell’interdizione legale comporta il venir meno della stessa quale causa di incapacità rispetto all’ufficio di interprete e di perito, con conseguente modifica in tal senso degli articoli 144, comma 1, lettera a), e 222, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale.L’articolo 166 del codice di procedura penale. È altresì modificato l’articolo 166 del codice di procedura penale, con l’eliminazione della parte della norma regolante la notifica all’imputato interdetto.

L’articolo 571 del codice di procedura penale. Modifiche ulteriori riguardano l’articolo 571 del codice di procedura penale, dal quale scompare la previsione dell’impugnabilità da parte del tutore dell’imputato interdetto.3.16. Altre disposizioni.La soppressione dell’interdizione e dell’inabilitazione si riflette, ulteriormente, su alcune norme contenute in alcune leggi, facenti riferimento agli istituti soppressi.

L’articolo 13 della legge n. 194 del 1978. La norma, disciplinante la fattispecie dell’interruzione della gravidanza da parte della donna interdetta, è ora riferita alla beneficiaria di amministrazione di sostegno, conservandone intatta la legittimazione alla scelta abortiva, così come avviene, nel sistema vigente, per la donna interdetta.
È prevista, altresì, la possibilità che la richiesta di interruzione della gravidanza possa essere formulata dalla donna beneficiaria di amministrazione di sostegno per il tramite dell’amministratore di sostegno, che sia a ciò autorizzato dal giudice tutelare.
Per il caso in cui la richiesta sia presentata personalmente dalla donna beneficiaria di amministrazione di sostegno, è altresì previsto che debba essere sentito il parere dell’amministratore di sostegno, mentre la richiesta presentata dall’amministratore di sostegno o dal marito dovrà essere confermata dalla donna.

L’articolo 19 della legge n. 194 del 1978. L’altra modifica concernente la legge n. 194 del 1978 riguarda il quinto comma dell’articolo 19, contemplante le sanzioni penali a carico di chi cagioni l’interruzione della gravidanza alla donna interdetta. La modifica è nel senso che la disposizione è ora riferita alla donna incapace d’intendere e di volere, e ciò al fine di dotare di salvaguardia la donna che si trovi in condizioni di assenza totale o parziale di capacità cognitive.L’articolo 145 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. Tale disposizione disciplina il carico delle spese relativamente al procedimento di interdizione e di inabilitazione. Essa, pertanto, è riformulata e riferita in via esclusiva all’amministrazione di sostegno.


PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.      1. All’articolo 45 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) il terzo comma è abrogato;b) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Domicilio dei coniugi e del minore».Art. 2.      1. L’articolo 85 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 85. – (Divieto di contrarre matrimonio per il beneficiario di amministrazione di sostegno). – Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di contrarre matrimonio. Tale divieto può essere previsto soltanto a tempo determinato, salva la possibilità di proroga per gravi motivi di salvaguardia dell’interesse del beneficiario».Art. 3.      1. Il quinto comma dell’articolo 102 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Il pubblico ministero deve sempre fare opposizione al matrimonio, se sa che vi osta un impedimento o il divieto stabilito ai sensi dell’articolo 85».Art. 4.      1. L’articolo 119 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 119. – (Matrimonio in violazione dell’articolo 85). – Il matrimonio contrattoin violazione del divieto previsto dall’articolo 85 può essere impugnato dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno, dall’amministratore di sostegno, dal pubblico ministero e da tutti coloro che abbiano un interesse legittimo.
L’azione non può essere proposta se, dopo la revoca del divieto previsto dall’articolo 85, vi è stata coabitazione per un anno».Art. 5.      1. Al primo comma dell’articolo 120 del codice civile, le parole: «, quantunque non interdetto,» sono soppresse.Art. 6.      1. All’articolo 126 del codice civile, le parole: «o interdetti» sono soppresse.Art. 7.      1. L’articolo 166 del codice civile è sostituito dal seguente:«Art. 166. – (Capacità del beneficiario di amministrazione di sostegno). – Per la validità delle stipulazioni e delle donazioni, fatte nel contratto di matrimonio, dal beneficiario di amministrazione di sostegno, si applicano le disposizioni dell’articolo 409».Art. 8.      1. Il terzo comma dell’articolo 183 del codice civile è abrogato.Art. 9.      1. All’articolo 193 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) al primo comma, le parole: «di interdizione o di inabilitazione di uno dei coniugi o» sono soppresse;b) dopo il secondo comma, è inserito il seguente:
«Può altresì essere pronunziata quando, tenuto conto degli impedimenti stabiliti dal giudice tutelare con riguardo al beneficiario dell’amministrazione di sostegno ai sensi dell’articolo 409, sussiste un pericolo per gli interessi dell’altro coniuge o della comunione o della famiglia».Art. 10.      1. All’articolo 244 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere azione di disconoscimento. Tale divieto può essere previsto soltanto a tempo determinato, salva la possibilità di proroga per gravi motivi di salvaguardia dell’interesse del beneficiario. Il giudice tutelare può comunque disporre che l’azione sia esercitata con l’assistenza dell’amministratore di sostegno».Art. 11.      1. L’articolo 245 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 245. – (Sospensione del termine). – Se la parte interessata a promuovere l’azione di disconoscimento della paternità versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, la decorrenza del termine indicato nell’articolo 244 è sospesa nei suoi confronti sino a che durino le condizioni di abituale grave infermità di mente.
Quando il figlio versa in condizioni di abituale grave infermità di mente, che lo renda incapace di provvedere ai propri interessi, l’azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni,su istanza del pubblico ministero, o dell’altro genitore. Per gli altri legittimati l’azione può essere proposta da un curatore speciale, previa autorizzazione del giudice.
In ogni caso, l’azione può essere proposta dall’amministratore di sostegno incaricato dal giudice tutelare».Art. 12.      1. All’articolo 247 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) al secondo comma, le parole: «o interdetta» sono sostituite dalle seguenti: «, anche emancipato,»;b) il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, che la partecipazione del medesimo al giudizio si svolga con l’assistenza dell’amministratore di sostegno».Art. 13.      1. L’articolo 266 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 266. – (Divieto di riconoscimento per il beneficiario di amministrazione di sostegno). – Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di riconoscere il figlio naturale. Tale divieto può essere previsto soltanto a tempo determinato, salva la possibilità di proroga per gravi motivi di salvaguardia dell’interesse del beneficiario. Il giudice tutelare può comunque disporre che il riconoscimento sia effettuato con l’assistenza dell’amministratore di sostegno».Art. 14.      1. All’articolo 273 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare può disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere l’azione di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale. Tale divieto può essere previsto soltanto a tempo determinato, salva la possibilità di proroga per gravi motivi di salvaguardia dell’interesse del beneficiario. Il giudice tutelare può comunque disporre che l’azione sia esercitata con l’assistenza dell’amministratore di sostegno»;b) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Azione nell’interesse del minore o del beneficiario di amministrazione di sostegno».Art. 15.      1. All’articolo 316 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Il minore capace di discernimento può compiere personalmente gli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana. Si tiene conto a tale fine dell’età, del grado di maturità del minore e della natura dell’atto da compiere».Art. 16.      1. Dopo l’articolo 358 del codice civile, è inserito il seguente:
«Art. 358-bis. – (Atti della vita quotidiana). – Si applica al minore sottoposto a tutela la disposizione dell’articolo 316, sesto comma».Art. 17.      1. Al primo comma dell’articolo 382 del codice civile, le parole: «Il tutore» sono sostituite dalle seguenti: «Nello svolgimento del suo ufficio, il tutore deve tenere conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni del minore e».Art. 18.      1. Al primo comma dell’articolo 384 del codice civile, dopo le parole: «nell’adempimento di essi,» sono inserite le seguenti: «o abbia ingiustificatamente trascurato i bisogni, le aspirazioni o le richieste del minore,».Art. 19.      1. Il terzo comma dell’articolo 405 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Il giudice tutelare può nominare un coamministratore di sostegno nell’interesse del beneficiario».

Art. 20.      1. All’articolo 406 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno può essere proposto personalmente dall’interessato, anche se minore, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo, dal pubblico ministero»;

b) il secondo comma è abrogato.

Art. 21.      1. All’articolo 407 del codice civile, dopo il terzo comma è inserito il seguente:
«Il giudice tutelare dispone secondo le indicazioni dell’articolo 716, secondo comma, del codice di procedura civile, nel caso in cui intenda adottare provvedimenti che incidano su diritti fondamentali della persona». Art. 22.      1. All’articolo 409 del codice civile, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Egli conserva altresì la capacità di compiere i singoli atti di natura personale riguardo ai quali il giudice tutelare non abbia stabilito un impedimento con l’atto istitutivo dell’amministrazione di sostegno o successivamente, ai sensi degli articoli 85, 266, 273 e 411, quarto comma».

Art. 23.      1. All’articolo 411 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) al primo comma, dopo la parola: «353» è inserita la seguente: «, 371»;b) al secondo comma, la parola: «596,» è soppressa;c) il quarto comma è sostituito dal seguente:
«Il giudice tutelare, nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, può disporre determinati limitazioni o impedimenti alla possibilità di compiere atti di natura personale o patrimoniale, avuto riguardo all’esclusivo interesse del medesimo. Il provvedimento è assunto con provvedimento motivato a seguito di ricorso che può essere presentato anche direttamente dal beneficiario».

Art. 24.      1. Al secondo comma dell’articolo 412 del codice civile sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, o in successivo decreto del giudice tutelare».Art. 25.      1. Il quarto comma dell’articolo 413 del codice civile è abrogato.Art. 26.      1. La rubrica del capo II del titolo XII del libro primo del codice civile è sostituita dalla seguente: «Della incapacità naturale».Art. 27.      1. Gli articoli 414, 415, 416, 417, 418, 419, 421, 422, 423, 424, 425, 426, 427, 429, 430, 431 e 432 del codice civile sono abrogati.Art. 28.      1. All’articolo 428 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«Gli atti e i contratti compiuti da persona che si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d’intendere o di volere al momento del compimento, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore»;b) il secondo comma è abrogato.Art. 29.      1. L’articolo 471 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 471. – (Eredità devolute a minori e a beneficiari di amministrazione di sostegno). – Non si possono accettare le eredità devolute ai minori e ai beneficiari di amministrazione di sostegno, se non col beneficio d’inventario, osservate le disposizioni degli articoli 321 e 374.
Tuttavia, il giudice tutelare, valutate le condizioni patrimoniali del beneficiario e le circostanze del caso concreto, può autorizzare, con decreto motivato, l’accettazione pura e semplice dell’eredità devoluta al beneficiario.
Il giudice tutelare può disporre, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, che l’accettazione dell’eredità sia compiuta dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Può altresì disporre che tale atto sia effettuato dal beneficiario con l’assistenza dell’amministratore di sostegno».Art. 30.      1. L’articolo 472 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 472. – (Eredità devolute a minori emancipati). – I minori emancipati non possono accettare le eredità, se non col beneficio d’inventario, osservate le disposizioni dell’articolo 394».Art. 31.      1. L’articolo 489 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 489. – (Incapaci). – I minori e le persone beneficiarie dell’amministrazione di sostegno non s’intendono decaduti dal beneficio d’inventario, se non al compimento di un anno dalla maggiore età o dalla cessazione dell’amministrazione di sostegno, qualora entro tale termine non sisiano conformati alle norme della presente sezione».Art. 32.      1. All’articolo 591 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) il primo comma è abrogato;b) al secondo comma:1) il numero 2) è sostituito dal seguente:«2) i beneficiari di amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice tutelare il divieto di testare; è fatta salva la disposizione dell’articolo 591-bis, terzo comma»;2) al numero 3), le parole: «quelli che, sebbene non interdetti,» sono sostituite dalle seguenti: «coloro che».Art. 33.      1. Dopo l’articolo 591 del codice civile è inserito il seguente:
«Art. 591-bis. – (Testamento della persona disabile). – Alla persona che, trovandosi nelle condizioni indicate dall’articolo 404, intenda fare testamento, può essere nominato, dal giudice tutelare, ai fini della redazione del testamento, un amministratore di sostegno, il quale agisce sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare.
Il giudice tutelare fissa le opportune modalità di redazione dell’atto. Può stabilire che l’atto debba compiersi nella forma del testamento pubblico o con l’intervento di un esperto.
Con le stesse modalità può essere ammesso a fare testamento il beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice tutelare un divieto di testare ai sensi dell’articolo 591, primo comma, numero 2)».Art. 34.      1. L’articolo 596 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 596. – (Incapacità dell’amministratore di sostegno). – Sono nulle le disposizioni testamentarie del beneficiario dell’amministrazione di sostegno in favore dell’amministratore, se fatte dopo la nomina di questo e prima che sia approvato il conto o sia estinta l’azione per il rendimento del conto medesimo, quantunque il testatore sia morto dopo l’approvazione. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche all’amministratore di sostegno provvisorio, se il testamento è fatto nel tempo in cui egli svolgeva le funzioni.
Sono tuttavia valide le disposizioni fatte in favore dell’amministratore di sostegno che è ascendente, discendente, fratello, sorella, coniuge o stabile convivente del testatore».Art. 35.      1. All’articolo 650 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Il giudice tutelare può disporre, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, che il rifiuto del legato sia espresso dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Può altresì disporre che tale atto sia effettuato con l’assistenza dell’amministratore di sostegno».Art. 36.      1. L’articolo 692 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 692. – (Patrimonio con vincolo di destinazione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia). – Per favorire l’autosufficienza economica nell’espletamento della vita quotidiana può essere costituito un patrimonio con vincolo didestinazione a favore del beneficiario di un’amministrazione di sostegno.
La costituzione di un patrimonio con vincolo di destinazione a favore del beneficiario di un’amministrazione di sostegno deve essere effettuata da parte del disponente con atto scritto tra vivi o mortis causa.
La proprietà dei beni costituenti il patrimonio con vincolo di destinazione spetta al beneficiario, salvo che non sia diversamente stabilito nell’atto di costituzione».Art. 37.      1. L’articolo 693 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 693. – (Costituzione del patrimonio con vincolo di destinazione). – Possono costituire un patrimonio con vincolo di destinazione:a) i genitori e gli ascendenti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno;b) il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, se ne ha la facoltà.Il giudice tutelare può autorizzare con decreto motivato l’amministratore di sostegno alla costituzione di un patrimonio vincolato a favore del beneficiario sui beni appartenenti allo stesso beneficiario.
L’atto costitutivo deve contenere, in ogni caso:a) l’inventario dei beni e dei diritti che costituiscono inizialmente il patrimonio vincolato;b) l’indicazione delle regole di amministrazione del patrimonio vincolato;c) la durata del vincolo, che non può essere superiore alla durata della vita del beneficiario.L’atto può essere trascritto ai sensi dell’articolo 2643».Art. 38.      1. L’articolo 694 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 694. – (Apporto di beni al patrimonio vincolato). – Qualunque persona, con il consenso del beneficiario, o del suo amministratore di sostegno, e previa autorizzazione del giudice tutelare, può apportare beni e diritti al patrimonio vincolato.
L’apporto di beni e di diritti, anche da parte di terzi, al patrimonio vincolato è soggetto alle stesse formalità previste per la costituzione del patrimonio vincolato».Art. 39.      1. L’articolo 695 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 695. – (Vincolo di destinazione). – I beni e ogni frutto del patrimonio con vincolo di destinazione devono essere destinati al mantenimento, alla cura, all’istruzione e al sostegno del beneficiario tenendo conto dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni.
L’esecuzione sui beni del patrimonio vincolato e sui frutti di esso non può avere luogo per debiti che sono stati contratti per scopi estranei ai bisogni del beneficiario».Art. 40.      1. L’articolo 696 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 696. – (Alienazione dei beni). – Se espressamente previsto nell’atto costitutivo, il giudice tutelare può autorizzare, nei casi di evidente utilità per il beneficiario, l’alienazione dei beni e dei diritti che fanno parte del patrimonio vincolato, disponendo il reimpiego delle somme ricavate dall’alienazione. L’autorizzazione del giudice all’alienazione fa venire meno ogni vincolo di destinazione.
Il giudice tutelare può anche autorizzare, con le opportune cautele, la costituzione di ipoteche su beni immobili che fanno parte del patrimonio vincolato a garanzia di crediti destinati a miglioramenti o a trasformazioni delle stesse proprietà immobiliari».Art. 41.      1. L’articolo 697 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 697. – (Cessazione del vincolo). – Il vincolo termina, oltre che alla scadenza del termine indicato nell’atto costitutivo, con la revoca dell’amministrazione di sostegno o con la morte del beneficiario.
Il giudice tutelare può autorizzare con decreto la cessazione del vincolo su istanza motivata di uno dei disponenti o dell’amministratore di sostegno».2. La rubrica della sezione II del capo VI del titolo III del libro secondo del codice civile è sostituita dalla seguente: «Del patrimonio con vincolo di destinazione».Art. 42.      1. Al primo comma dell’articolo 705 del codice civile, la parola: «, interdetti» è soppressa.Art. 43.      1. Il primo comma dell’articolo 774 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Non possono fare donazione i soggetti minori d’età e i beneficiari di amministrazione di sostegno, nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice tutelare un divieto di donare ai sensi e per gli effetti dell’articolo 411, quarto comma. È tuttavia valida la donazione fatta dal minore nel contratto di matrimonio a norma dell’articolo 165, nonché quella compiuta dal beneficiario dell’amministrazione di sostegnoai sensi dell’articolo 775-bis, terzo comma».Art. 44.      1. Al primo comma dell’articolo 775 del codice civile sono premesse le seguenti parole: «Salvo quanto previsto dall’articolo 775-bis,».Art. 45.      1. Dopo l’articolo 775 del codice civile è inserito il seguente:
«Art. 775-bis. – (Donazione della persona disabile). – Alla persona che, trovandosi nelle condizioni indicate dall’articolo 404, intenda fare una donazione, può essere nominato dal giudice tutelare, ai fini della redazione dell’atto, un amministratore di sostegno, il quale agisce sotto la diretta sorveglianza del giudice tutelare.
Il giudice tutelare fissa le opportune modalità di redazione dell’atto, eventualmente stabilendo l’intervento di un esperto.
Con le stesse modalità può essere ammesso a fare donazione il beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti sia stato stabilito dal giudice tutelare un divieto di donare ai sensi dell’articolo 774, primo comma».Art. 46.      1. L’articolo 776 del codice civile è abrogato.Art. 47.      1. L’articolo 777 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 777. – (Donazioni fatte da rappresentanti di minori). – I genitori e il tutore non possono fare donazioni per il minore da essi rappresentato».Art. 48.      1. L’articolo 779 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 779. – (Accettazione della donazione da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno). – Il giudice tutelare può disporre, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, che l’accettazione della donazione sia compiuta dall’amministratore di sostegno quale rappresentante esclusivo. Può altresì disporre che tale atto sia effettuato dal beneficiario con l’assistenza dell’amministratore di sostegno».Art. 49.      1. Il primo comma dell’articolo 1425 del codice civile è sostituito dai seguenti:
«Il contratto è annullabile se una delle parti era minore d’età.
È altresì annullabile, ove concluso dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno, il contratto rientrante tra quelli riservati dal giudice tutelare, ai sensi dell’articolo 409, primo comma, alla rappresentanza esclusiva o all’assistenza necessaria dell’amministratore».Art. 50.      1. Il secondo comma dell’articolo 1442 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Quando l’annullabilità dipende da vizio del consenso o da minore età, o da un impedimento a contrarre stabilito dal giudice tutelare nei confronti del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, o è stato scoperto l’errore o il dolo, o il minore ha raggiunto la maggiore età, o è cessato l’impedimento a contrarre del beneficiario dell’amministrazione di sostegno».Art. 51.      1. L’articolo 1626 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 1626. – (Insolvenza dell’affittuario). – L’affitto si scioglie per l’insolvenza dell’affittuario, salvo che al locatore sia prestata idonea garanzia per l’esatto adempimento degli obblighi dell’affittuario».Art. 52.      1. Al numero 4) dell’articolo 1722 del codice civile, le parole: «, l’interdizione o l’inabilitazione» sono soppresse.Art. 53.      1. Al secondo comma dell’articolo 1833 del codice civile, le parole: «d’interdizione, d’inabilitazione,» sono soppresse.Art. 54.      1. All’articolo 1993 del codice civile, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«L’eccezione fondata sul difetto di capacità non può essere opposta se il debitore non prova che dall’emissione del titolo gli sia derivato o possa derivargli un grave pregiudizio».Art. 55.      1. L’articolo 2046 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 2046. – (Danno cagionato dall’incapace). – Risponde del danno anche la persona che non aveva la capacità d’intendere o di volere al momento in cui lo ha cagionato.
Salvo il caso in cui l’incapacità derivi da colpa dell’autore, il giudice può moderarel’ammontare del risarcimento al quale questi è tenuto, in considerazione delle circostanze del caso, con particolare riguardo all’età, alla gravità dello stato d’incapacità e alle condizioni economiche delle parti».Art. 56.      1. L’articolo 2047 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 2047. – (Responsabilità del sorvegliante dell’incapace). – In caso di danno cagionato da persona incapace d’intendere o di volere, il risarcimento può essere chiesto in via solidale a colui che era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, salvo che il sorvegliante provi di non avere potuto impedire il fatto».Art. 57.      1. L’articolo 2198 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 2198. – (Minori e beneficiari di amministrazione di sostegno). – I provvedimenti di autorizzazione all’esercizio di un’impresa commerciale da parte di un minore emancipato o nell’interesse di un minore non emancipato, i provvedimenti del giudice tutelare concernenti l’esercizio di un’impresa commerciale da parte o nell’interesse del beneficiario di amministrazione di sostegno e i provvedimenti con i quali l’autorizzazione è revocata devono essere comunicati senza indugio a cura del cancelliere all’ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione».Art. 58.      1. Il primo comma dell’articolo 2286 del codice civile è sostituito dal seguente:
«L’esclusione di un socio può avere luogo per gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge o dal contratto sociale, per impedimento stabilitodal giudice tutelare nel provvedimento istitutivo dell’amministrazione di sostegno, o successivamente, nonché per la condanna del socio a una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici».Art. 59.      1. All’articolo 2294 del codice civile, le parole: «320, 371, 397, 424 e 425» sono sostituite dalle seguenti: «320, 371 e 397».Art. 60.      1. All’articolo 2382 del codice civile le parole: «l’interdetto, l’inabilitato» sono sostituite dalle seguenti: «il beneficiario di amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia stabilito un impedimento all’assunzione di cariche societarie».Art. 61.      1. All’articolo 2667 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) il primo comma è sostituito dal seguente:
«I rappresentanti di soggetti minori d’età e l’amministratore di sostegno, in relazione agli atti per i quali gli sia stata conferita la rappresentanza esclusiva, devono curare che si esegua la trascrizione degli atti, delle sentenze o delle domande giudiziali che sono soggetti a trascrizione e rispetto ai quali essi hanno esercitato il loro ufficio»;b) il secondo comma è sostituito dal seguente:
«La mancanza della trascrizione può anche essere opposta al minore e al beneficiario di amministrazione di sostegno, salvo ai medesimi il regresso contro il tutore e l’amministratore di sostegno che avevano l’obbligo della trascrizione».Art. 62.      1. All’articolo 2941 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) al numero 3), le parole: «o l’interdetto soggetti alla tutela» sono sostituite dalle seguenti: «soggetto alla tutela, nonché tra l’amministratore di sostegno e il beneficiario»;b) al numero 4), le parole: «o l’inabilitato» sono soppresse.Art. 63.      1. All’articolo 2942 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:a) al numero 1), le parole: «e gli interdetti per infermità di mente» sono soppresse;b) il numero 2) è sostituito dal seguente:
«2) rispetto al beneficiario dell’amministrazione di sostegno riguardo agli atti riservati alla rappresentanza esclusiva dell’amministratore, e per il tempo in cui si protrae la rappresentanza esclusiva».Art. 64.      1. Gli articoli 40 e 42 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, sono abrogati.Art. 65.      1. All’articolo 46-bis delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, le parole: «ai procedimenti previsti» sono sostituite dalle seguenti: «al procedimento previsto» e le parole: «e sono esenti» sono sostituite dalle seguenti: «ed è esente da ogni tassa, imposta e diritto, nonché».Art. 66.      1. L’articolo 47 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, è sostituito dal seguente:
«Art. 47. – Presso l’ufficio del giudice tutelare sono tenuti un registro della tutela dei minori, un registro della curatela dei minori emancipati e un registro delle amministrazioni di sostegno».Art. 67.      1. All’articolo 48 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’alinea, le parole: «delle tutele» sono sostituite dalle seguenti: «della tutela»;b) il secondo capoverso è soppresso.Art. 68.      1. L’articolo 49 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, è sostituito dal seguente:
«Art. 49 – Nel registro della curatela si devono annotare, in un capitolo speciale per ciascuna di esse, a cura del cancelliere:1) la data e gli estremi essenziali del provvedimento che concede l’emancipazione;2) il nome, il cognome, la condizione, l’età e il domicilio della persona emancipata;3) il nome, il cognome, la condizione e il domicilio del curatore nominato all’emancipato;4) la data del provvedimento che revoca l’emancipazione».Art. 69.      1. Nei giudizi di interdizione e di inabilitazione pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, il giudice dispone, d’ufficio, la trasmissione degli atti del procedimento al giudice tutelare, ai fini della nomina di un amministratore di sostegno. In tal caso il giudice già competente per l’interdizione o per l’inabilitazione può adottare i provvedimenti urgenti di cui al quarto comma dell’articolo 405 del codice civile. Il tutore o il curatore provvisorio assume automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione fino a successivo provvedimento del giudice tutelare.Art. 70.      1. L’interdizione e l’inabilitazione, già pronunciate alla data di entrata in vigore della presente legge, si intendono automaticamente revocate e il tutore o il curatore assumono automaticamente la funzione di amministratore di sostegno provvisorio relativamente al compimento degli atti di ordinaria amministrazione, fino a successivo provvedimento del giudice tutelare.
2. Nei casi di cui al comma 1, il pubblico ministero chiede la nomina dell’amministratore di sostegno con riguardo alla persona precedentemente interdetta o inabilitata. L’interessato, il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado o gli affini entro il secondo possono a loro volta presentare ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno.Art. 71.      1. L’articolo 712 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 712. – (Forma della domanda). – Il ricorso per l’istituzione dell’amministrazionedi sostegno, ai sensi degli articoli 404 e seguenti del codice civile, si propone con ricorso al giudice tutelare del luogo dove la persona ha la residenza o il domicilio.
Nel ricorso devono essere contenute le indicazioni previste dall’articolo 407, primo comma, del codice civile».Art. 72.      1. L’articolo 713 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 713. – (Provvedimenti del giudice tutelare). – Il giudice tutelare ordina la comunicazione del ricorso al pubblico ministero e fissa l’udienza di comparizione davanti a sé del ricorrente e dell’interessato; dispone, altresì, la comparizione delle altre persone indicate nel ricorso, nonché dei soggetti indicati nell’articolo 406 del codice civile, le cui informazioni ritenga utili ai fini della decisione.
Il ricorso e il decreto sono comunicati alle persone convocate e al pubblico ministero».Art. 73.      1. L’articolo 714 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 714. – (Istruzione preliminare). – All’udienza, il giudice tutelare, con l’intervento del pubblico ministero, procede all’esame dell’interessato secondo quanto dispone l’articolo 407, secondo comma, del codice civile, sente le altre persone citate, interrogandole sulle circostanze che ritiene rilevanti ai fini della decisione e può disporre anche d’ufficio l’assunzione di ulteriori informazioni ai sensi dell’articolo 407, terzo comma, del codice civile».Art. 74.      1. L’articolo 715 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 715. – (Impedimento a comparire dell’interessato). – Se per legittimo impedimentol’interessato non può presentarsi davanti al giudice tutelare, questi, con l’intervento del pubblico ministero, si reca per sentirlo nel luogo dove si trova, ai sensi dell’articolo 407, secondo comma, del codice civile».Art. 75.      1. L’articolo 716 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 716. – (Capacità processuale dell’interessato). – La persona cui il procedimento si riferisce può stare in giudizio e compiere da sola tutti gli atti del procedimento, comprese le impugnazioni, salvo quanto previsto dal secondo comma.
In ogni fase del procedimento, il giudice tutelare qualora, con riferimento esclusivo all’interesse del beneficiario, ritenga di stabilire divieti, limitazioni o decadenze incidenti su diritti fondamentali della persona, invita il beneficiario e l’amministratore di sostegno, anche provvisorio, a nominare un difensore.
Al fine di cui al secondo comma, il giudice tutelare fissa un termine per la nomina del difensore, rinviando a una udienza successiva l’assunzione dei provvedimenti in relazione ai quali è disposta la difesa tecnica.
La mancata nomina del difensore, da parte del beneficiario o dell’amministratore di sostegno, anche provvisorio, nel termine assegnato, legittima il giudice tutelare a stabilire i divieti, le limitazioni o le decadenze in relazione ai quali egli aveva disposto la nomina del difensore».Art. 76.      1. L’articolo 717 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 717. – (Nomina dell’amministratore di sostegno provvisorio). – L’amministratore di sostegno provvisorio è nominato, anche d’ufficio, con decreto del giudice tutelare».Art. 77.      1. L’articolo 718 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 718. – (Legittimazione all’impugnazione). – Il decreto che provvede sul ricorso per l’amministrazione di sostegno può essere impugnato da tutti coloro che avrebbero avuto diritto a ricorrere, anche se non hanno partecipato al procedimento, e dall’amministratore di sostegno nominato con lo stesso provvedimento».Art. 78.      1. L’articolo 719 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 719. – (Impugnazioni). – Contro il decreto del giudice tutelare è ammesso reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 739.
Contro il decreto della corte d’appello pronunciato ai sensi del primo comma può essere proposto ricorso per cassazione.
Il termine per l’impugnazione decorre per tutte le persone indicate nell’articolo 718 dalla comunicazione del provvedimento a tutti coloro che hanno partecipato al giudizio.
Se è stato nominato un amministratore provvisorio, l’atto di impugnazione deve essere notificato anche a lui».Art. 79.      1. L’articolo 720 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 720. – (Revoca dell’amministrazione di sostegno). – Per la revoca dell’amministrazione di sostegno si osservano le norme stabilite per la pronuncia di essa.
Coloro che avevano diritto di promuovere il procedimento di amministrazione di sostegno possono intervenire nel giudizio di revoca per opporsi alla domanda e possono altresì impugnare il provvedimentopronunciato nel giudizio di revoca, anche se non hanno partecipato al giudizio».Art. 80.      1. L’articolo 720-bis del codice di procedura civile è abrogato.
2. La rubrica del capo II del titolo II del libro quarto del codice di procedura civile è sostituita dalla seguente: «Dell’amministrazione di sostegno».Art. 81.      1. Il numero 3) del primo comma dell’articolo 19 del codice penale è abrogato.Art. 82.      1. L’articolo 32 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 32. – (Decadenza e sospensione dalla potestà dei genitori). – La condanna all’ergastolo importa anche la decadenza dalla potestà dei genitori.
La condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni produce, durante la pena, la sospensione dall’esercizio della potestà dei genitori, salvo che il giudice disponga altrimenti».Art. 83.      1. Alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 144 del codice di procedura penale, le parole: «, l’interdetto, l’inabilitato» sono soppresse.Art. 84.      1. L’articolo 166 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 166. – (Notificazioni all’imputato infermo di mente). – 1. Se l’imputato sitrova nelle condizioni previste dall’articolo 71, comma 1, le notificazioni si eseguono a norma degli articoli precedenti e presso il curatore speciale».Art. 85.      1. Alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 222 del codice di procedura penale, le parole: «, l’interdetto, l’inabilitato» sono soppresse.Art. 86.      1. All’articolo 571 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:a) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Il curatore speciale per l’imputato incapace d’intendere o di volere può proporre l’impugnazione che spetta all’imputato»;b) al comma 4, le parole: «tutore o del» sono soppresse.Art. 87.      1. L’articolo 13 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:
«Art. 13. – 1. Se la donna si trova nelle condizioni legittimanti il ricorso previsto dall’articolo 404 del codice civile per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 della presente legge può essere presentata, oltre che da lei personalmente, anche dal marito che non sia legalmente separato.
2. Se la donna è beneficiaria di amministrazione di sostegno, la richiesta di cui agli articoli 4 e 6 può essere presentata oltre che da lei personalmente, anche dall’amministratore di sostegno, a ciò autorizzato dal giudice tutelare.
      3. Nel caso in cui la richiesta sia presentata personalmente dalla donna beneficiaria di amministrazione di sostegno,deve essere sentito il parere dell’amministratore di sostegno. La richiesta presentata dall’amministratore di sostegno o dal marito deve essere confermata dalla donna.
4. Il medico del consultorio o della struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, trasmette al giudice tutelare, entro il termine di sette giorni dalla presentazione della richiesta, una relazione contenente ragguagli sulla domanda e sulla sua provenienza, sull’atteggiamento comunque assunto dalla donna e sulle sue condizioni psico-fisiche».Art. 88.      1. Al quinto comma dell’articolo 19 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la parola: «interdetta» è sostituita dalle seguenti: «incapace d’intendere o di volere».Art. 89.      1. All’articolo 145 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono apportate le seguenti modificazioni:a) al comma 1, le parole: «processo di interdizione e di inabilitazione promosso dal pubblico ministero» sono sostituite dalle seguenti: «procedimento per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno» e le parole: «dell’interdicendo o dell’inabilitando» sono sostituite dalle seguenti: «dell’interessato»;b) al comma 2, le parole: «a tutori e curatori» sono sostituite dalle seguenti: «all’amministratore di sostegno»;c) al comma 3, le parole: «dei tutori e curatori» sono sostituite dalle seguenti: «dell’amministratore di sostegno»;d) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Procedimento per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno».

Atto Camera 1985 - Rafforzamento dell’amministrazione di sostegno e soppressione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione
Rafforzamento dell’amministrazione di sostegno e soppressione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione - A.C. 1985 - Schede di lettura

 

Rafforzamento dell’amministrazione di sostegno e soppressione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione - A.C. 1985 - Schede di lettura
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